Le migrazioni sono quindi una fatica terribile, ma anche una necessità e ogni specie per raggiungere le località di svernamento ha i suoi tracciati preferiti, alcuni dei quali non sono per nulla intuitivi.
Le recenti tecnologie di indagine scientifica, in particolare le piccole marche GPS che possono essere trasportate dagli animali, e i grandi progetti di inanellamento hanno consentito negli ultimi due decenni di fare più scoperte sugli spostamenti degli animali che nei due secoli precedenti.
Oggi sappiamo, per esempio, che la maggior parte dei bianconi (Circaetus gallicus) – rapaci specializzati nella cattura dei serpenti, che dall’Africa subsahariana arrivano in Italia per riprodursi – passano da Gibilterra e non dallo stretto di Sicilia per andare e venire nel nostro Paese.
E questo perché non amano volare sulle grandi distese d’acqua dove le correnti termiche di risalita non si formano. A Gibilterra, il braccio di mare da attraversare è di soli 15 chilometri, contro una distanza dieci volte superiore nel canale di Sicilia.
Rondini e bianconi non sono certo i soli protagonisti dei grandi spostamenti nel cielo. In tutto il mondo centinaia di altre specie, come oche, anatre, pivieri e corrieri migrano lungo altre rotte con un volo potente e sostenuto. Se possono sfruttano le correnti, evitano le montagne e si fermano ogni tanto a riposare, ma si spostano battendo le ali a circa 40-50 chilometri orari, dando vita a una prestazione fenomenale, da autentici maratoneti, che raramente viene ricordata quando si parla di volo degli uccelli.
I record da fuoriclasse di cui è capace la sterna artica (Sterna paradisaea) rubano, però, tutta l’attenzione: questo uccello marino, infatti, si riproduce al Polo Nord e va a svernare regolarmente tra il Sudafrica e l’Antartide, percorrendo almeno 25.000 chilometri per ogni tratta. Un’intera vita passata in volo sui mari, con una pausa solo per riprodursi: nessuno sa fare di meglio.
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