4mila ettari di foresta pluviale sono stati distrutti in Indonesia tra maggio 2015 e aprile 2017.
Un’area grande come la metà della metropoli di Parigi, rasa al suolo per soddisfare la richiesta di olio di palma che non sembra arrestarsi.
Il ruolo delle corporates
A documentare lo scempio ambientale è una recente indagine di Greenpeace; a finire sotto la lente dell’associazione ambientalista è un’azienda produttrice di olio di palma dalla quale si riforniscono anche marchi come Mars, Nestlé, PepsiCo e Unilever.
Le foto sono state scattate durante lo scorso mese di aprile e mostrano la deforestazione in corso nella PT Megakarya Jaya Raya, una concessione di olio di palma controllata dalla Hayel Saeed Anam Group (HSA).
L’area su cui si estende la concessione, inoltre, include anche territori protetti dal governo indonesiano; si tratta, infatti, di zone in cui è vietato lo sviluppo commerciale a seguito del grave incendio che nel 2015 ha interessato l’area.
L’Indonesia ha pagato il prezzo più alto
È l’Indonesia ad aver pagato maggiormente il peso della deforestazione. Tra il 1990 e il 2015 lo stato asiatico ha perso circa 24 milioni di ettari di foresta tropicale: più di ogni altro paese al mondo.
«Dopo aver distrutto gran parte delle foreste pluviali di Sumatra e Kalimantan, l’industria dell’olio di palma sta ora avanzando verso nuove frontiere vergini, come quella di Papua – ha spiegato Greenpeace –. Se il governo indonesiano ha intenzione di continuare a difendere l’industria dell’olio di palma dovrebbe prima assicurare che vengano adottate e rispettate politiche volte a fermare la deforestazione, il drenaggio delle torbiere ma anche lo sfruttamento dei lavoratori e delle comunità locali».
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