A ridosso del versante laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise non si potrà cacciare.
A decretarlo è il pronunciamento della Sezione Terza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso presentato da ENPA, LAC, LAV e WWF.
Le associazioni, patrocinate dall’avvocato Valentina Stefutti, infatti, avevano chiesto che nella zona la caccia fosse interdetta per non esporre ai rischi delle doppiette la popolazione di orso marsicano che vive nell’area protetta.
Evitare incontri ravvicinati orso – cacciatori
Lo stop alla caccia è stato decretato tanto per proteggere i plantigradi, quanto per tutelare i cacciatori.
Il decreto del Consiglio di Stato spiega, infatti, come la caccia in quella zona possa: “determinare sia il disturbo dell’habitat della specie, sia incontri più o meno ravvicinati tra i cacciatori e l’orso medesimo, con effetti prevedibilmente negativi in ogni possibile sviluppo o esito”.
Il decreto sottolinea che: “la speciale esigenza di proteggere l’habitat di una specie fortemente protetta in zone limitrofe al Parco Nazionale di Abruzzo, prevalga senz’altro sulla pretesa regionale di garantire più spazi e più occasioni di prelievo alla comunità dei cacciatori, nell’esercizio dell’attività venatoria”.
La vasca che fa più vittime della caccia
Ma c’è un vasca d’acqua che negli ultimi anni ha fatto più vittime della caccia.
Gli ultimi tre orsi affogati, una femmina e i suoi due cuccioli, sono stati trovati pochi giorni fa. Nella stessa vasca, nel 2010 erano annegati altri due orsi.
«Lo stop alla caccia rappresenta un provvedimento molto importante perché vieta l’attività venatoria in una delle aree fondamentali per la tutela dell’orso bruno marsicano, specie a rischio estinzione, di cui in questi giorni sono morti 3 individui sui circa 50 rimasti in vita, caduti in una vasca per la raccolta dell’acqua piovana non adeguatamente protetta. Questa vasca non adeguatamente protetta è il simbolo del mancato controllo a tutti i livelli proprio nelle Zone di Protezione Esterna del Parco», spiegano le associazioni che hanno anche rivolto un appello al Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, affinché intervenga in prima persona e metta fine a questa evidente situazione di pericolo per una specie simbolo dell’Appennino.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com