Al mattino ho contemplato il tuo viso,
a causa tua i cuori sono infelici, mia graziosa
quanto vorrei fermarmi in un paese straniero
non c’è nessuno che mi comprenda, mia graziosa.
I pugnali del tuo sguardo non sentono più il muschio,
mia amata, i tuoi occhi dolci non guardano con collera
il paradiso è inutile per chi ha visto il tuo viso
è il sole che sorge dal tuo viso, o mia graziosa?
Lei non veste più di seta, non porta più cintura
soffia il vento dell’altro, la sua capigliatura non si muove più
dopo la tua partenza il mio folle cuore non ha più
provato gioia
non mi hai lasciato in ricordo uno dei tuoi capelli,
o mia graziosa.
Sei la brezza dell’alba, te ne vai e non ritorni più
anche se tornassi non staresti più con me
siano maledetti coloro che ti hanno fatto volare via!
chi ti ha fatto volare fuori dal tuo lago, mia graziosa?
Il tuo viso è bello, dice Pir Sultan
ho cercato un messaggero e non son riuscito a trovarne
ora il tuo nome erra in paradiso
non ti attardare per me, o mia graziosa.
Pir Sultan Abdal, un poeta praticamente sconosciuto, ma che ha una storia particolare, venendo addirittura giustiziato per il suo credo religioso. Vicina a noi la sua poetica, più di quanto si possa immaginare e, tra l’altro, molto affine per certi aspetti tematici al Dolce Stil Novo toscano, come per esempio il tema dello sguardo dell’amata.
In questo testo sono due gli aspetti che ci interessa evidenziare e riguardano due immagini molto nitide, molto usate in poesia, eppure ogni volta sembrano sempre fresche e nuove.
Il poeta si chiede se il sole stia sorgendo dal viso della amata, definita “mia graziosa”: è il sole che sorge dal tuo viso, o mia graziosa?
Quale complimento più nobile? È sufficiente utilizzare l’immagine del sole per richiamare, in questo caso, una fonte di calore, di luce, qualcosa che illumina la via e che scalda il cuore.
Avere uno sguardo così, significa raggiungere il cuore dell’innamorato, colpirlo e penetrare fino alla sua anima. Tutta la prima parte del testo è una lode al viso e allo sguardo della donna e il poeta, sin dal primo verso, scegliendo di partire con Al mattino, inserisce il suo inno in una cornice naturale che senza troppe parole ci dà i colori giusti.
Repetita iuvant: la Natura è maestra di bellezza e ormai è chiaro, perché da sempre e per sempre, quando poeti e poetesse, scrittori e scrittrici, innamorati di tutte le età, cercano un modo per paragonare il proprio amato o la propria amata, la fonte indiscussa è la Natura.
Nella poesia citata abbiamo senz’altro una spaccatura, perché questa creatura così graziosa (il termine è ripetuto in ogni strofa) è portata via, qualcuno l’ha fatta volare via.
Anche in un momento così tragico, il poeta scrive un paragone, per rendere al meglio l’idea della perdita. La sua amata è come la brezza dell’alba.
La brezza è delicata, rigenerante, rilassante forse, qualcosa che ti sfiora, di piacevole, di cui senti subito mancanza. Qualcosa che distoglie la fatica dalla giornate afose, che offre ristoro dal clima torrido; non solo perché in questo caso è la brezza dell’alba, inizia la giornata e perdo subito qualcosa di importante. E forse la dichiarazione d’amore più bella che il poeta scrive è proprio alla fine, quando, consapevole della presenza della donna in paradiso, le dice di non attardare per lui, di non aspettarlo, ma di proseguire in quel percorso così importante, lui saprà trovare un modo per continuare, anche solo.