L’ultimo in ordine di tempo è stato Tiziano Ferro: la pop star, tramite un video caricato sul proprio profilo Facebook, ha inviato i fan alla mobilitazione contro il festival di Yulin, il festival della carne di cane che si tiene durante il mese di giugno nell’omonima cittadina della Cina meridionale.
Ogni anno la mobilitazione si ripete: il web insorge e organizza manifestazioni sotto l’ambasciata cinese, lancia petizioni e punta il dito contro la barbarie del festival della carne di cane.
Uccisi 15mila cani. E quante mucche?
Eppure, in tutta questa mobilitazione è impossibile non vedere un velo di ipocrisia. Nel corso del festival di Yulin vengono macellati 15mila cani. Un numero inaccettabile, certo, ma infinitamente inferiore ai 25 milioni di capi di bestiame che ogni giorno vengono macellati nei mattatoi di tutto il Pianeta.
La domanda, dunque, sorge spontanea: cosa ci spinge a mobilitarci per i cani ammazzati in Cina se ogni giorno non ci si interessa della fine che milioni di animali fanno solo per soddisfare le nostre di tradizioni culinarie?
La gerarchia del dolore
Un cane macellato scuote le nostre coscienze ben più di quanto possa fare una mucca alla quale viene riservata la stessa fine.
Perché ogni cane ci ricorda il nostro cane, il nostro fedele amico che abita la nostra casa e al quale abbiamo dato un nome.
Gli altri animali, invece, sono creature che non hanno un nome, né uno sguardo, chiuse dietro ai muri dei macelli.
Però, far finta che un cane possa provare più sofferenza, più terrore di un agnello, di una mucca o di un maiale, è solo pura ipocrisia.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com