Il successo della quinoa sulle nostre tavole andrebbe profondamente ridimensionato.
- A suo favore c’è il fatto che questa pianta erbacea annuale della famiglia delle Chenopodiaceae, parente degli spinaci e della barbabietola, apporta alla dieta una quantità rilevante di proteine, di amido, di minerali e di grassi polinsaturi. Viene considerata benefica perché ipocalorica e priva di glutine. Questa pianta, che assomiglia a un cereale, nota agli Incas come “la madre di tutti i semi”, è stata considerata dalle Nazioni Unite “un’arma perfetta per sconfiggere la fame”, per via delle sue elevate capacità nutritive e per la relativa semplicità con cui si coltiva.
- Però, contiene alcune sostanze indesiderate, che ne sconsigliano il consumo troppo frequente: per esempio, gli ossalati che inibiscono l’assorbimento di diversi minerali; i fitati e le saponine, che sembrano favorire la comparsa di intolleranze e di allergie nei soggetti predisposti. Per la presenza, appunto, delle saponine, sostanze in grado di provocare l’alterazione della composizione delle membrane cellulari, dunque tossiche e pericolose per l’organismo, i semi di quinoa devono essere lasciati in ammollo e vanno lavati in modo accurato con acqua corrente prima della cottura. Poiché contengono ossalati, inoltre, sono sconsigliati a chi soffre di calcoli renali.
L’impatto ambientale e sociale
Se con qualche accortezza e moderazione l’utilizzo alimentare della quinoa può, quindi, apportare più benefici che controindicazioni, non altrettanto si può dire del suo impatto sull’ambiente.
La produzione della pianta, spinta dalla crescente domanda mondiale, ha raggiunto livelli record e, secondo l’Onu, si è trasformata per le popolazioni andine in una maledizione.
Il principale produttore mondiale di quinoa è la Bolivia, insieme al Perù e all’Ecuador, ma la domanda è ormai così massiccia che i tre Paesi non riescono più a soddisfarla.
Tradizionalmente la quinoa si coltivava quasi esclusivamente sulle pendici andine, mentre le pianure circostanti erano dedicate all’allevamento, che forniva il sostentamento economico e alimentare delle popolazioni boliviane. Il boom agricolo degli ultimi anni, che ha fatto crescere la produzione dalle 27mila tonnellate del 2008 alle oltre 50mila del 2013, ha determinato l’espansione dell’area destinata alla coltura della quinoa da 10mila a 50mila ettari. I terreni si sono così trasformati in monocolture di quinoa.
L’impatto ambientale associato all’aumento della produzione di quinoa dipende soprattutto dal cambiamento dei metodi di produzione. L’aumento della domanda ha indotto i contadini ad abbandonare il metodo tradizionale di coltivazione, che si è sempre basato sul mantenimento dell’integrità ambientale e della salute dei terreni agricoli, a favore invece di una coltivazione intensiva.
Le conseguenze includono: degrado del suolo, squilibrio tra colture e produzione animale, ridotto utilizzo di fertilizzanti naturali a favore di quelli chimici, distruzione della copertura vegetale selvatica e conseguente erosione del suolo, aumento dei parassiti agricoli (The Situation for Quinoa and Its Production in Southern Bolivia: From Economic Success to Environmental Disaster – S.E. Jacobsen, 2011).
L’area utilizzata per la produzione di quinoa si è ampliata e questo ha ridotto la quantità di foraggio disponibile per il bestiame, alterando così l’equilibrio tra la produzione agricola e l’allevamento, parte sostanziale del sistema agricolo in Bolivia. Questo squilibrio ha provocato, da parte sua, una carenza di concime organico, perché c’è meno pascolo naturale e i lama sono stati spostati in altre aree. Parallelamente, l’aumento dell’uso di macchine agricole ha degradato la fertilità del suolo. La mancanza di copertura vegetale ha accelerato il processo di erosione del suolo, riducendo i frangivento naturali, che sono molto importanti nell’ambiente montano per proteggere i raccolti dai venti. L’uso di macchinari agricoli, smuovendo il sottosuolo, permette ai parassiti di riprodursi. L’uso di pesticidi e fertilizzanti è quindi aumentato drammaticamente nel corso degli anni…
Sale la quantità, ma il prezzo scende
Il volume delle esportazioni di quinoa dal Perù e dalla Bolivia verso l’Unione europea è aumentato del 227% tra il 2012 e il 2015. Ma i prezzi al contadino sono crollati del 40%. A seguito di tale calo, i salari nei due Paesi produttori sono diminuiti del 5%. Il prezzo “Fairtrade” della quinoa (quello che garantirebbe agli agricoltori uno standard di vita dignitoso) è di circa 2,60 $ al chilo, ma l’attuale prezzo di mercato è inferiore a 2 $: ciò significa che i produttori andini stanno già lottando per la loro sopravvivenza.
Le soluzioni
La sfida per trovare una soluzione ambientale è permettere ai coltivatori di quinoa in Bolivia di trarre vantaggio dall’aumento della domanda internazionale per il loro prodotto, garantendo nel contempo che le limitate risorse naturali in questo ambiente siano gestite correttamente. Per esempio, ripristinando il metodo tradizionale di produzione di quinoa, assegnando compensazioni economiche che coprano la minore resa dei terreni.
Qualche iniziativa in tal senso è stata già intrapresa dai governi andini: in Bolivia, il governo sta acquistando quinoa per inserirla in un pacchetto di alimenti forniti a migliaia di donne incinte e che allattano e, in Perù, il governo la sta distribuendo nelle colazioni della scuola pubblica. Tali programmi possono aiutare a garantire una quotazione non determinata dal mercato per questo prodotto alimentare ricco di sostanze nutritive.
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