A giugno dello scorso anno avevamo dato la notizia della grave infezione che aveva colpito la popolazione di saiga (Saiga tatarica), uccidendo oltre 12.000 capi e portando questo mammifero ad un passo dall’estinzione.
Ora, però, a distanza di più di un anno, la situazione sembra essersi evoluta in maniera positiva. L’associazione per la conservazione della biodiversità del Kazakistan (ACBK) ha reso noto negli scorsi giorni i dati relativi alla popolazione attuale di saighe. Sebbene ancora profondamente segnata dall’epidemia, questa mostra importanti segnali di crescita.
Per calcolare il numero complessivo sono state prese in analisi le tre aree dove – in questo Stato – la saiga vive: nella zona orientale del Kazakistan sono stati censiti 70.200 individui contro i 51.700 dello scorso anno. Sull’altopiano di Ustyurt il numero di saighe è aumentato di 700 unità, passando da 1.200 a 1.900. La situazione più critica resta quella registrata nel Betpak-Dala, regione desertica dello stato cento asiatico e dove lo scorso anno l’infezione ha mietuto più vittime. Qui gli individui di saiga sono circa 36.200. Un numero davvero minimo, se paragonato ai 242mila individui che abitavano qui prima dello scoppio della pandemia.
L’antilope che viene dall’era glaciale
L’incremento registrato fa ben sperare riguardo alle possibilità di sopravvivenza di questo mammifero, che l’IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, aveva già inserito nella lista rossa delle specie a rischio.
A minacciare la saiga, animale che abita il nostro Pianeta fin dall’Era Glaciale, c’è ancora una volta la mano dell’uomo: nella medicina tradizionale asiatica si ritiene che i corni di questa antilope, dalla peculiare forma a vite, abbiamo poteri magici e curativi.
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