JLe api sono gli insetti impollinatori più utili per l’uomo: secondo le stime della FAO, delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. La maggior parte delle colture nell’Unione europea dipende dall’impollinazione degli insetti.
Ma oggi le attività agricole industrializzate le mettono a serio rischio. In Europa, infatti, un’ape selvatica su dieci è a rischio estinzione: lo hanno confermato la Lista rossa dell’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) e il progetto STEP, entrambi finanziati dalla Commissione europea.
Secondo le valutazioni pubblicate dall’EFSA, il rischio maggiore per le api selvatiche e per quelle mellifere arriva dai pesticidi neonicotinoidi. L’Autorità ha aggiornato le proprie valutazioni del 2013 sul rischio relativo a tre neonicotinoidi – clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam – che sono soggetti a restrizioni nella UE per la minaccia che rappresentano per le api.
Un recente studio ha mostrato, inoltre, che gli insetticidi neonicotinoidi non sono pericolosi solo per le api, ma anche per farfalle, bombi, insetti acquatici e uccelli, con possibili ripercussioni su tutta la catena alimentare.
La petizione di Greepeace
Ora l’Europa e i Paesi membri, alla luce di queste nuove conclusioni scientifiche, devono decidere se mantenere, estendere o annullare il divieto di utilizzo di questi pesticidi: è, quindi, questo il momento giusto per chiedere all’Italia e alla Commissione Europea di rendere permanente il divieto di queste sostanze nocive e promuovere metodi di coltivazione sostenibile.
Dopo aver lanciato, nel 2013, la Campagna “Salviamo le Api”, ora Greenpeace lancia una nuova petizione per la messa al bando di questi pesticidi.
Ambientalisti contro industria
Ambientalisti e multinazionali del settore agricolo si scontrano sulla dannosità dei neonicotinoidi, in attesa della valutazione finale da parte della commissione internazionale congiunta PAFF (Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed).
Nel 2013 l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) aveva rilasciato tre valutazioni preliminari sui neonicotinoidi, concedendo deroghe per il loro utilizzo solamente in serra, riconoscendo, quindi, la correlazione tra l’impiego di agrofarmaci e il declino nella popolazione delle api. Correlazione confermata dai recenti aggiornamenti degli studi.
Nel rapporto “Rischi ambientali degli insetticidi neonicotinoidi” commissionato da Greenpeace all’Università del Sussex (Regno Unito), si legge che «Gli insetticidi neonicotinoidi minacciano seriamente non solo le api, ma anche bombi, farfalle, insetti acquatici e perfino uccelli, con possibili ripercussioni su tutta la catena alimentare». Per questo motivo Greenpeace Italia chiede al ministro dell’Agricoltura italiano di impegnarsi a nome dell’Italia per l’emanazione di un bando europeo totale e non più parziale.
Secondo l’industria farmaceutica, invece, il bando dei neonicotinoidi danneggerebbe sia l’economia, sia l’ambiente.
Con lo studio “Severe economic and environmental damage”, commissionato dall’associazione industriale europea Euroseeds, la messa al bando dei neonicotinoidi avrebbe assestato un duro colpo a settori come quello della produzione dell’olio di semi. Il divieto, inoltre, provocherebbe un aumento di fertilizzante a foglia pari a 0,73 applicazioni in più per ettaro.
Come funzionano i neonicotinoidi
I principi attivi dei nicotinici di sintesi bloccano i recettori nicotinici inibendo il passaggio degli impulsi nervosi. Quelli di prima generazione agiscono principalmente per ingestione. I neonicotinoidi di seconda generazione risultano attivi per contatto e per ingestione.
Le api possono essere esposte ai neonicotinoidi in vari modi: in molti casi le api che foraggiano su colture trattate e nelle vicinanze sono probabilmente esposte a livelli nocivi di questi pesticidi. Ciò perché polline e nettare della coltura trattata contengono residui di pesticidi e anche le piante nelle vicinanze possono venire contaminate dalla polvere emanatasi dal campo.
Jose Tarazona, responsabile dell’unità Pesticidi dell’EFSA, ha commentato: «Nelle nostre conclusioni c’è variabilità dovuta a fattori come le specie di api, l’uso previsto del pesticida e la via di esposizione. Sono stati individuati alcuni rischi bassi, ma nel complesso è confermato il rischio per i tre tipi di api oggetto delle nostre valutazioni».
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com