Dopo le pellicce, i marchi di moda mettono al bando un altro simbolo del lusso: il cachemire.
La svolta è arrivata a seguito dell’indagine condotta da Peta, che ha mostrato il lato oscuro della produzione di cachemire che implica grandi sofferenze per gli animali.
Dove è prodotto il 90% del cachemire
Il reportage è stato condotto in Cina e Mongolia, Stati asiatici che, da soli, producono il 90% del cachemire impiegato nella moda.
Gli infiltrarti dell’associazione animalista hanno ripreso quello che avviene durante il momento della tosatura: i video mostrano gli addetti, spesso pagati a cottimo, picchiare e colpire violentemente le pecore, ferendole con le cesoie.
H&M non lo commercializzerà più
Lana e cachemire sono considerati meno crudeli rispetto alle pellicce, poiché non implicano l’uccisione delle pecore. Tuttavia, il benessere animale – soprattutto nei grandi allevamenti – non è affatto garantito.
A seguito dell’inchiesta diffusa da Peta, molti marchi hanno annunciato l’intenzione di non commercializzare più il filato.
Tra questi, ci sono il gigante dell’e-commerce di moda ASOS e la catena svedese H&M, una dei maggiori importatori di cachemire asiatico.
Angora abbandonato da 300 marchi
La battaglia di Peta per una moda etica e maggiormente rispettosa dei diritti degli animali ha riguardato, negli scorsi mesi, anche la produzione di angora, filato ricavato dalla pelliccia dell’omonima razza di conigli.
A seguito della diffusione delle scioccanti immagini raccolte negli allevamenti di conigli, che mostravano gli addetti strappare letteralmente la pelliccia ad animali ancora vivi, oltre 300 marchi hanno annunciato l’intenzione di non commercializzare più capi contenenti angora.
Tra questi ci sono Zara, Calvin Klein, Mango, Gucci, Lacoste, Guess, Ralph Lauren e Primark. Segno che il futuro della moda è sempre più cruelty free.
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