A un certo punto la coda non ebbe più senso di esistere, e così alcuni mammiferi si evolsero facendone a meno; anche se sussistono ancora tracce riconducibili alle terminazioni del coccige. Eppure in passato ha avuto un ruolo preponderante e ancora oggi lo è in varie specie. Non solo fra i vertebrati. Pensiamo per esempio agli scorpioni o ai collemboli, anche se sarebbe più corretto parlare di similitudini e non di vere e proprie anatomie equiparabili. Ancestralmente la coda aveva una funzione legata all’equilibrio e alla vita arboricola, che poi è andata perdendosi in seguito alla comparsa dei glutei. L’animale non è più tarato solo per saltare da un ramo all’altro, ma anche per correre (prima su quattro zampe, e poi su due, anche se solo per brevi tratti), e in effetti i muscoli dei glutei forniscono la spinta ideale per la corsa. Questa parte anatomica, in seguito, assunse una fenomenologia sessuale, e dunque la selezione naturale ha favorito gli individui che l’avevano più sviluppata a discapito di quelli che ancora presentavano tracce non solo vestigiali della coda; che peraltro, con l’aumento medio del peso, finì per essere di impiccio.
Quando scomparve la coda?
Difficile dirlo con esattezza, tuttavia la storia evolutiva rimanda ad almeno 60 milioni di anni fa. Il riferimento è a una specie di toporagno, l’antenato di tutti i primati che oggi abitano la terra. Aveva un muso allungato ed era di piccole dimensioni; in compenso aveva una coda ben sviluppata. Trenta milioni di anni dopo fu la volta del Driopiteco. E poco dopo del Proconsul. Ed è su questa specie che si soffermano gli antropologi, ipotizzando che da essa possa essersi originato il ramo evolutivo che ha portato all’uomo. Il proconsul visse fino a 14 milioni di anni fa e certamente non aveva la coda. Il Pierolapithecus catalaunicus, scoperto nel 2004, fu la tappa successiva del cammino umano, iniziata 13 milioni di anni fa; e anche per questa specie la coda è un antico ricordo. Il Pierolapithecus ricordava tanto l’uomo primitivo, quanto le scimmie moderne. Le ultime ricerche lo indicano come l’antenato degli scimpanzé, dei gorilla e dell’uomo, ma non degli orango.
Quando la coda ebbe invece grande importanza?
Sicuramente prima dell’avvento dei mammiferi. E lo conferma il fatto che milioni e milioni di anni fa non serviva solo all’equilibrio e al movimento, ma anche come organo di difesa. Gli scienziati in questo caso prendono come esempio un dinosauro apparso nel Giurassico inferiore e fra gli ultimi a estinguersi: l’anchilosauro. L’animale era contrassegnato da una robusta corazza, al punto che i ricercatori commentano le sue caratteristiche riferendosi all’invulnerabilità di un carrarmato. Lungo fino a dieci metri, pesante quattro tonnellate, si nutriva di vegetali; e possedeva una lunga coda ossea. Le analisi dei fossili rivelano code danneggiate da probabili colluttazioni. Dunque, è quasi certo che durante la grande epoca dei rettili le code servissero per difendersi dai predatori. Evidentemente gli erbivori del passato non erano agili come quelli odierni, e dovettero per forza escogitare dei trucchi alternativi per tenere lontani i carnivori.
E la coda potrebbe anche avere avuto un significato riproduttivo. Un po’ come accade oggi con animali come i pavoni maschi, che esibendo la propria “appendice” hanno maggiori chance di portare a termine con successo un accoppiamento. Simile, infine, il destino della coda nel gliptodonte, un mammifero grande come una Micra, vissuto 35 milioni di anni fa ed estintosi con la fine della glaciazione wurmiana (12mila anni fa). Può essere considerato parente del moderno armadillo, come attestano test recenti condotti sul Dna mitocondriale dell’animale (dal quale è possibile ripercorrere la linea filetica di una specie). Aveva una coda appuntita, rivestita di spuntoni e protuberanze. Serviva come difesa e, non a caso, grazie a essa prosperò per milioni di anni.
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