Le piccole isole sono al centro di una particolare strategia legata alle tematiche di ecosostenibilità, dal momento che per molti aspetti (disponibilità delle risorse, a partire dall’acqua; depurazione, raccolta e smaltimento di scarichi e rifiuti; autosufficienza energetica; accessibilità e collegamenti; ecc.) presentano fattori di fragilità in genere maggiori rispetto a località poste sul continente o nelle isole maggiori.
In Italia sono circa una settantina le piccole realtà insulari abitate stabilmente. Peraltro le piccole isole presentano anche peculiarità che, dal punto di vista di una buona gestione ecosostenibile, possono trasformarsi in indubbi vantaggi: un territorio circoscritto meglio “difendibile”; popolazioni locali in genere fortemente legate ai loro luoghi di residenza e più abituate a stili di vita sobri; possibilità, con un numero relativamente contenuto di interventi (e di relativi costi), di caratterizzare fortemente il territorio verso queste tematiche; maggiore facilità nel costruire brand attrattivi per un turismo basato su valori di bellezza e rispetto per la Natura.
Le Smart Island…
Non a caso anche alcune realtà italiane, che hanno il capito il valore strategico di queste scelte, si stanno muovendo in questa direzione, con percorsi virtuosi anche di economia circolare e di buone pratiche ecosostenibili, che rientrano sotto il solito termine anglofono di smart islands. In tal senso, come buon esempio, ci piace citare l’isola di Capraia, nell’Arcipelago Toscano.
…e quelle no
Purtroppo, esistono anche molte piccole isole (e nel nostro Paese sono probabilmente ancora la maggioranza), che invece rifiutano tale approccio e rimangono ancorate a vecchie logiche che stanno evidenziando tutti i loro limiti.
Un caso emblematico è quello dell’approvvigionamento energetico.
Per esempio, splendide isole come Pantelleria o Vulcano, dove abbondano sole e vento, ma anche energia geotermica, hanno ancora anacronistiche centrali elettriche alimentate a gasolio.
Lo stesso a Lampedusa o a Linosa, dove un impianto fotovoltaico per rendere autosufficiente il locale plesso scolastico, costato pochi anni fa ben 180mila euro, completato e pronto a partire, non è mai stato collegato alla rete ed ora si sta inesorabilmente degradando. Ciò a causa del solito scarico di responsabilità e a forme di business ormai anacronistiche, legate al rifornimento di carburante, che portano a ignorare le soluzioni tecniche legate alle energie rinnovabili.
Pochissimi, poi, anche i privati che installano pannelli fototermici o soluzioni analoghe e che si trovano spesso a combattere interminabili battaglie contro la burocrazia, a cominciare dall’ostruzionismo, in alcune realtà davvero incomprensibile, da parte delle Sovraintendenze alle Belle Arti.
Le piccole comunità locali di rado hanno la forza di spezzare queste situazioni, ormai incancrenite.
Servirebbe pertanto una legge che, da un lato faciliti l’installazione di tali soluzioni e dall’altro, per realtà insulari sotto un certo numero di abitanti residenti, obblighi la completa conversione delle isole all’autosufficienza energetica basata sulle energie rinnovabili. Premiando nel frattempo chi si è già incamminato su tale percorso, in modo da creare una serie di “bolle di eccellenza” in cui dimostrare che certe scelte non solo sono possibili, ma sono anche convenienti.
Speriamo che il Ministro all’Ambiente Sergio Costa, nell’ambito dei vari decreti in preparazione, ponga al più presto anche uno specifico elemento di attenzione verso queste piccole e quasi sempre meravigliose realtà, dove vivono comunque oltre 410.000 abitanti residenti (che in media triplicano durante l’estate) e che i cambiamenti ambientali in corso stanno rapidamente trasformando in punti di estrema fragilità e vulnerabilità.
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