Il Ministero della Salute ha pubblicato i dati relativi agli animali impiegati nei laboratori per la sperimentazione durante il 2017.
Complessivamente, il numero totale di animali impiegato è in leggera flessione rispetto all’anno precedente; si è passati, infatti, dalle 611.707 cavie stabulate, utilizzate e uccise nel 2016 alle 580.073 nel 2017.
«Questa lieve diminuzione non deve però colpire favorevolmente dal momento che le leggi nazionali e il contesto europeo chiedono di andare ben oltre questa piccola riduzione», spiega la LAV.
Aumentano i cani
Nonostante la leggera flessione degli animali impiegati nei laboratori, cresce il numero di cani sottoposti a sperimentazione: nel 2017 sono stati 639, contro i 486 dell’anno precedente.
Inoltre, si conferma la triste impennata nel ricorso ai macachi: nel 2015 erano 224 i primati di questa specie stabulati nei laboratori, nel 2016 il numero è cresciuto fino a raddoppiare, arrivando alle 548 scimmie impiegate nel 2017. I macachi usati nei laboratori vengono importati da Paesi con situazioni ambientali difficili e incontrollate come Asia (da dove arrivano 54 individui) e Africa (490) e non sono frutto di colonie autosufficienti, come richiesto dalla Direttiva dell’Unione europea.
Impiegati anche nell’istruzione
Sono 1.598 gli animali utilizzati per l’istruzione e la formazione; in questo ambito, topi, ratti, conigli, maiali, pecore e cefalopodi sono i più frequenti. «Tutto questo nonostante nel nostro Paese ci sia il chiaro divieto di procedure didattiche su animali, che prevede deroghe solo per l’alta formazione universitaria – afferma Michela Kuan, biologa, responsabile LAV Ricerca senza animali –. Chi difende la sperimentazione animale si giustifica dicendo che gli animali vengono anche utilizzati per la conservazione della specie, ma le statistiche mostrano un chiarificante numero zero per questo scopo, mentre sono 194.642 gli individui utilizzati per la ricerca di base, applicazione che non prevede nessun obbligo di legge».
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