Quest’anno La Rivista della Natura ha compiuto vent’anni. Li abbiamo festeggiati raccontando alcune storie positive di animali che, anche grazie all’aiuto dell’uomo, sono riusciti a salvarsi dall’estinzione.
Ormai tutti i giorni veniamo sommersi da una pioggia di cattive notizie sulla natura e l’ambiente. Non c’è dubbio che negli ultimi 20 anni lo stato del Pianeta è complessivamente peggiorato, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove sono cresciuti maggiormente la popolazione e lo sfruttamento delle risorse.
Su una scala più ampia, gli effetti dei cambiamenti climatici e della diffusione delle plastiche negli oceani sono ormai sotto gli occhi di tutti e fanno sentire il loro effetto. Tutta la stampa dà ampio spazio alle notizie negative, ma è importante ricordare che le storie a lieto fine non mancano.
Storie di specie animali, per esempio, un tempo ritenute in serio pericolo di estinzione che oggi, grazie all’intervento dell’uomo, si possono considerare fuori pericolo, almeno in alcune parti del mondo.
1. PANDA
Fuori pericolo
Dopo un serio tracollo, causato dalla distruzione delle foreste di bambù in Cina e dal progressivo isolamento delle popolazioni rimaste, il panda (Ailuropoda melanoleuca) ha riguadagnato terreno.
Nel 2017 la IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ne ha cambiato lo status da “minacciato” a “vulnerabile”. Per anni questo curioso orso, famoso per essere il logo del WWF, è stato il simbolo degli animali in via di estinzione. Alla fine, anche il governo cinese si è reso conto che valeva la pena investire seriamente in questa specie, così unica e popolare, e ha protetto alcune delle foreste dove i panda sono più frequenti, oltre ad avviare programmi di riproduzione in cattività. Così, tra il 2004 ed oggi, questi orsi hanno conosciuto un incremento del 20% circa ed oggi se ne contano quasi 2000 individui.
2. GIPETO
Ritorno sulle alpi
In Italia una delle più belle storie a lieto fine riguarda il gipeto o avvoltoio degli agnelli (Gypaetus barbatus) che all‘inizio del Novecento era scomparso da tutte le Alpi, a causa della scarsità di grandi erbivori e della persecuzione diretta da parte dell’uomo, che lo riteneva responsabile dell’uccisione di animali domestici. In realtà questo grande avvoltoio non è un predatore, ma si nutre in massima parte di ossa di grandi ungulati, dalle quali assimila il nutriente midollo.
Alla fine degli anni Ottanta venne messa in piedi una rete di centri di riproduzione in cattività dove riprodurre e allevare giovani gipeti. La tecnica utilizzata prevedeva di liberare in nidi artificiali su pareti rocciose delle Alpi i giovani di circa tre mesi che venivano nutriti dall‘uomo, riducendo al minimo il contatto visivo, in modo che i piccoli gipeti non assumessero comportamenti di dipendenza dagli esseri umani.
Il progetto di reintroduzione è stato un grande successo: le prime riproduzioni in natura avvennero in Francia nel 1997, seguite da quelle del Parco Nazionale dello Stelvio nel 1998. E oggi, finalmente, possiamo tirare un respiro di sollievo: in tutto l‘arco alpino ormai volano ormai più di 200 gipeti (dati fine 2017).
3. LAMANTINO
L’importanza delle aree protette
Alla fine degli anni Sessanta le popolazioni di lamantini (Trichechus manatus) nelle acque attorno alla Florida avevano raggiunto il minimo storico, contando solamente poche centinaia di individui. La diffusione di aree protette lungo il litorale americano affacciato sul Golfo del Messico ha consentito a questi animali di salire di numero rapidamente, superando le 7 mila unità. Oggi i lamantini sono anche un‘attrazione turistica importante: in alcuni siti (quello di Crystal River è il più famoso) risulta possibile osservarli facilmente e immergersi con loro. Queste attività sono comunque attentamente regolamentate, per ridurre al minimo il disturbo sugli animali che restano ancora minacciati dall’impatto con le imbarcazioni e dall’inquinamento costiero.
4. LUPO
La grande rivincita
Per secoli i lupi (Canis lupus) sono stati perseguitati, scomparendo da luoghi dove erano ampiamente diffusi, soprattutto in Europa e in Nord America.
A partire dagli anni Settanta del Novecento, tuttavia, questi animali hanno cominciato a godere di una protezione sempre più estesa. In Italia il lupo è diventato specie protetta nel 1971, quando ne rimanevano ormai pochi individui nascosti in angoli remoti dell‘Appennino meridionale. Da allora, anche grazie a una rete di parchi naturali in continua espansione, il lupo ha riguadagnato progressivamente terreno. E ha fatto tutto da solo: ciò significa che non c‘è stata alcuna reintroduzione o traslocazione di lupi in Italia, sia da parte di popolazioni italiane che europee, come a volte si sente dire. Gli ultimi censimenti parlano di 2000-2500 individui, presenti su circa un quarto del territorio nazionale, con una tendenza all‘aumento.
5. SCIMMIE LEONINE
AAA nuove foreste cercasi
Le specie con una distribuzione più limitata sono spesso quelle più vulnerabili all‘estinzione. Negli anni Settanta del secolo scorso le scimmie leonine (Leontopithecus rosalia) erano quasi scomparse dalle Foreste Atlantiche che ricoprono la costa orientale del Brasile e risultano uno degli habitat più minacciati del Paese a causa dello sfruttamento delle risorse e dell’urbanizzazione. Il WWF avviò così uno dei suoi programmi più ambiziosi, collaborando con gli zoo per riprodurre in cattività questa specie simbolo.
Circa dieci anni dopo, piccoli gruppi di questi primati vennero rilasciati in habitat adatti, mentre altri, che si trovavano isolati in minuscoli fazzoletti di foresta, vennero spostati in aree protette più ampie. Oggi, in due riserve non lontane da Rio de Janeiro, si raccolgono i frutti di questo percorso che ha portato a una popolazione selvatica di oltre 1000 scimmie, le quali, tuttavia, avrebbero bisogno di altre foreste protette per espandersi.
6. FALCO PELLEGRINO
Ora alla conquista delle città
A partire dagli scorsi anni Cinquanta l’impiego del DDT, l’insetticida più famoso al mondo, conobbe una forte espansione, riducendo il numero degli insetti nocivi per le coltivazioni. Purtroppo questa sostanza chimica si depositava sulla vegetazione dove veniva poi assunta e accumulata nei corpi degli erbivori e, di conseguenza, dei loro predatori (il cosiddetto fenomeno del bioaccumulo). In diverse specie, tra cui il falco pellegrino (Falco peregrinus), l’ingestione di DDT assunto attraverso le prede provocava forti alterazioni nello sviluppo delle uova, portando questo velocissimo falco sull’orlo dell’estinzione, in Europa e negli Stati Uniti.
Fortunatamente, con la messa al bando del DDT nel 1972 e massicce introduzioni di animali riprodotti in cattività, i pellegrini hanno recuperato rapidamente e oggi se la passano decisamente bene. Anzi, hanno dimostrato di sapersi adattare egregiamente anche alle città, dove si nutrono di uccelli molto diffusi come storni e piccioni, e nidificando sugli edifici più alti, che ricordano le pareti a strapiombo alle quali sono abituati in natura.
7. ORICE D’ARABIA
Dall’estinzione alla salvezza
Riconosciuta come una delle antilopi più rare ed eleganti, l‘orice d‘Arabia (Oryx leucoryx) fu oggetto di una caccia senza sosta che nel 1972 portò completamente all‘estinzione le popolazioni selvatiche. Venne salvata da alcuni zoo americani e britannici, che ancora conservavano individui in cattività. Grazie a questi, con il finanziamento del WWF e degli Emirati Arabi Uniti, a partire dal 1982 fu possibile avviare la reintroduzione in natura di questa antilope. Oggi si contano circa un migliaio di individui divisi tra Giordania, Israele, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Oman. Ad oggi questo è l’unico caso in cui una specie dichiarata “estinta in natura” risulta ristabilita con successo.
8. AQUILA CALVA AMERICANA
Il simbolo che torna a volare
Una sorte simile a quella del falco pellegrino toccò all’aquila calva americana (Haliaeetus leucocephalus), animale simbolo degli Stati Uniti d‘America. Anche in questo caso il principale colpevole del suo declino fu la diffusione del DDT che portò, assieme alla caccia e alla contrazione degli habitat, a un massiccio crollo della popolazione in Nord America: da centinaia di migliaia di coppie al minimo storico di 400 nei primi anni Sessanta. Con la messa al bando del DDT e la definizione di leggi più severe sulla tutela dell’ambiente, il numero di aquile risalì rapidamente, tanto che nel 2007 questo uccello venne definitivamente rimosso dalla lista delle specie in pericolo.
9. MEGATTERA
Un bilancio migliore anche se…
Guardando al mare, anche le balene se la passano meglio che in passato: meno di 40 anni fa molte specie, come le balene franche, erano vicine all‘estinzione a causa della caccia delle grandi navi baleniere. Poi qualcosa ha cominciato a cambiare, e se il modo si è accorto che le balene sono mammiferi intelligenti e sensibili, una buona parte del merito va ad una specie in particolare: la megattera (Megaptera novaeangliae).
Questi cetacei dalle grandi pinne pettorali, lunghi fino 18 metri e pesanti più di 50 tonnellate, emettono, infatti, una grande varietà di suoni, arrivando a comporre melodie di grande complessità, che ricordano la nostra musica. Nel 1970 uscì addirittura il disco Songs of the Humpback Whale, contenente le canzoni della megattera registrate da alcuni ricercatori, che fece molto scalpore e contribuì a dare un‘immagine completamente inedita di questi animali, trasformandoli in un simbolo della conservazione della vita negli oceani.
Oggi le megattere, assieme ad altre specie di cetacei, stanno meglio di una volta: si contano più di 84.000 individui, in aumento a livello mondiale (dati IUCN redlist), ma certamente il mare continua ad essere un luogo pericoloso. Nel 1982 venne approvata una moratoria internazionale sulla caccia commerciale alle balene e, anche se alcuni paesi (il Giappone è il più noto) hanno ancora piccole quote di cetacei cacciabili, i veri pericoli per la conservazione dei cetacei oggi sono altri.
Primo fra tutti il disturbo dato dalle grandi reti da pesca nelle quali le balene rimangono impigliate, la diffusione delle plastiche che vengono ingerite e il traffico navale, aumentato a dismisura negli ultimi decenni, tanto che a volte grandi balene distratte vengono travolte dalle navi in spostamento rapido.
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