Qualche settimana fa su Natura Blog parlavamo della capacità dei ghiri di trascorrere gran parte del tempo in uno stato di semi ibernazione. Solo così, infatti, sono in grado di superare le rigide temperature dell’inverno (vedi Il lungo sonno del ghiro).
Ci sono però animali che pur vivendo in climi estremi hanno evoluto uno stratagemma per poter stare “svegli” dodici mesi all’anno, anche se le temperature precipitano a parecchi gradi sottozero. E’ il caso dei pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri), animali simbolo dell’Antartide, il luogo in assoluto più freddo della Terra.
Questi uccelli, che in realtà non volano, ma sanno nuotare molto bene possono resistere fino a -60 gradi grazie a prerogative genetiche che gli consentono di sopportare il gelo senza problemi. Si tratta di un gruppo di geni legati alla formazione delle piume, che assicurano alla specie una robustezza e una compattezza tegumentaria riconducibile a tante pellicce fuse fra loro. Oltre a questo aspetto, gli scienziati del China National Genebank a Shenzen, in Cina, hanno messo in evidenza un metabolismo peculiare dei grassi, tale per cui le riserve lipidiche risultano più vantaggiose di quanto non accada in altre specie, uomo compreso.
Questi grassi in sovrappiù, infatti, permettono un sistema di isolamento molto efficace e assicurano un apporto energetico costante e incisivo, utile soprattutto durante le lunghe fasi di digiuno (che possono protrarsi per quattro mesi). Le analisi genetiche hanno infine permesso di capire che i pinguini sono comparsi per la prima volta sessanta milioni di anni fa e si sono differenziati fra loro ventitré milioni di anni fa.
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