Non sembra avere fine il bracconaggio sugli elefanti africani. Proprio in questi giorni Keneth Sanga, capo dell’unità centrale antibracconaggio della Tanzania ha dichiarato che tra il 2016 e la prima metà di quest’anno, in diverse parti delle regioni di Singida e Dodoma, nella Tanzania centrale, sono stati intercettati e arrestati 128 criminali accusati di questo reato. La maggior parte di questi uomini sono stati trovati in possesso di armi e trofei e alcuni si trovavano all’interno delle riserve Rungwa-Kizigo e Muhesi Game.
La caccia di frodo agli elefanti, al fine di recuperare le ambitissime zanne per il traffico dell’avorio, è una piaga in diversi stati africani che, in un certo senso, si concentra proprio in Tanzania in quanto Dar El Salaam è il principale porto di uscita delle zanne africane spedite da qui verso la Cina. Non a caso è proprio nella capitale tanzaniana che ad agosto è stato assassinato Wayne Lotter il direttore-fondatore di Pams Foundation, associazione che si batte contro il bracconaggio di elefanti in Africa.
Nel 2009 gli elefanti in Tanzania erano 110.000 ma solo 15 anni dopo quel numero era crollato a 43.000 a causa, appunto, del bracconaggio dilagante. Circa 20.000 elefanti uccisi ogni anno, cioè più o meno 55 al giorno.
Malgrado questi numeri da capogiro le cose sembrano finalmente cambiare, come sosteneva lo stesso Lotter e dal 2015 i primi risultati degli interventi su larga scala contro il bracconaggio si sono ottenuti. Tra questi la cattura e la condanna, alcuni mesi fa, da parte del tribunale della Tanzania a 12 anni di reclusione del principale cacciatore di pachidermi del luogo, Boniface Matthew Mariango, detto “Il Diavolo”, che a capo di squadroni della morte ha trucidato migliaia di elefanti. Insieme a lui a processo anche Yang Fenglan, soprannominata la regina dell’avorio, ai vertici del traffico Cina-Africa, in attesa di condanna.
Anche Keneth Sanga è ottimista sul prossimo futuro degli elefanti, non solo per l’aumento del numero degli arresti, ma anche perché negli ultimi tre anni sono diminuiti gli interventi di salvataggio degli animali.
Anche se segnali positivi ci sono, persino nella stessa Cina dove i cittadini stanno maturando una parvenza di coscienza ecologica, è importante che i governi e le associazioni non abbassino la guardia perché le reti e le strade del bracconaggio sono infinite. Recentemente, per esempio, è emerso che anche l’uccisione degli ippopotami era stata finora trascurata e nell’ultimo decennio le popolazioni sono crollate. Anche in questo caso sono i denti l’obiettivo dei bracconieri che, in mancanza di quelli d’elefante, hanno incrementato il traffico illegale verso i “cugini” un po’ meno “dentoni”, ma pur sempre notevoli.
Il commercio illegale della fauna selvatica si stima che sia attorno ad almeno 19 miliardi di dollari l’anno e si pensa che sia il quarto più grande commercio transnazionale dopo quello della droga, della contraffazione e del traffico di esseri umani.
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