Il comportamento delle comunità ornitiche in Europa, Stati Uniti e Canada, a causa dei cambiamenti climatici in atto, assume caratteristiche differenti rispetto a quanto succede nell’area mediterranea.
Le ripercussioni più forti si hanno più per quanto riguarda la migrazione che per la fase riproduttiva, il che espone l’avifauna ad una potenziale “trappola climatica”.
Una ricerca fresca di pubblicazione sulla rivista Journal of Animal Ecology – risultato di uno studio pluriennale condotto da un team del CREAF in Belgio, Canada, Danimarca, Estonia, Finlandia, Paesi Bassi, Ungheria, Spagna, Svezia e Stati Uniti – ha evidenziato incisivi cambiamenti di abitudini in molte specie, causati proprio dalle variazione climatiche. Alcuni uccelli, per esempio, cambiano latitudine alla ricerca di condizioni migliori (solitamente più calde), mentre altri tendono a non migrare, perché gli inverni sono meno rigidi.
Questo può incidere sugli svernamenti di molte specie. Come cambiano le migrazioni
I cambiamenti più sensibili si registrano nelle regioni settentrionali dell’Europa dove sono in declino le comunità ornitiche locali, mentre le specie che erano solite occupare i settori centrali del continente tendono a spingersi sempre più a Nord, e a colonizzare la Scandinavia, modificando status che perdurano da decine di migliaia di anni.
Ma qualcosa cambia anche nella regione meridionale, come dimostra con le sue ricerche Sergi Herrando, ricercatore all’Institut Català d’Ornitologia.
Come gli uomini, anche gli uccelli da sempre migrano spinti dalla carenza di cibo. Ma l’accelerazione indotta dal climate change ha sovvertito gli ordini migratori. Emerge che, se il clima è meno rigido, con poca neve e poco gelo, gli uccelli possono decidere di non migrare e, fatto curioso, di svernare in territori considerati da sempre poco ospitali durante l’inverno.
In Italia specie come l’Assiolo (Otus scops) e l’Upupa (Upupa epops) ne sono una dimostrazione, con frequenti episodi di svernamento che in alcune aree sono diventati ormai una consuetudine.
Il problema è nella trappola climatica insita nei repentini abbassamenti che si possono registrare nelle temperature e che infieriscono su queste comunità svernanti, producendo elevati dati di mortalità.
La ricerca condotta dal CREAF si è basata su un ampio monitoraggio tenutosi in otto differenti paesi dal 1980 al 2016 su ben 1200 specie (comprese quelle americane) che ha prodotto una base straordinaria di dati riferita a oltre 3 milioni di osservazioni.
Considerato l’inarrestabile mutamento del clima vedremo ancora importanti modifiche nei comportamenti e nella fenologia di molte specie.
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