Una lettrice ci ha chiesto a proposito della riproduzione di un dinosauro Saltriovenator collocata ai giardini Montanelli di Milano, all’ingresso del Museo di Storia Naturale, come i paleontologi siano arrivati alla conclusione che avesse quel colore.
Abbiamo interpellato Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, che ha supervisionato il progetto poi realizzato da Geomodel. «Il colore nei fossili non si conserva quasi mai, a causa della degradazione dei pigmenti. In questo caso, poi, non si è conservato alcun lembo di pelle, unica parte anatomica che potrebbe contenere resti di melanosomi. Dunque, la nostra colorazione tigrata è un’ipotesi, basata su fossili vegetali ritrovati in zona che documentano l’esistenza di foreste. Saltriovenator ha un’anatomia da predatore d’agguato e riteniamo che una colorazione mimetica potesse favorire l’avvicinamento delle prede».
La riproduzione del dinosauro si è basata sugli studi dei resti fossili di un Saltriovenator lungo 7,5 metri, vissuto 200 milioni di anni fa e venuto alla luce nel 1996 in una cava di Saltrio, vicino a Varese. Si tratta del più grande dinosauro carnivoro del Giurassico inferiore mai ritrovato e il più antico rappresentante al mondo del gruppo dei Ceratosauri.
Il modello riproduce fedelmente le caratteristiche anatomiche descritte dai paleontologi nell’articolo scientifico pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale PeerJ.
Saltriovenator zanellai era lungo otto metri e alto tre, pesava almeno una tonnellata, aveva un cranio possente di ottanta centimetri equipaggiato di denti aguzzi e seghettati e arti anteriori muniti di quattro dita, di cui tre dotate di lunghi artigli. Aveva un’andatura bipede con coda sollevata e testa protesa in avanti in atteggiamento predatorio. Andava a caccia di dinosauri erbivori e piccoli carnivori di cui probabilmente abbondavano questi ambienti nel Giurassico inferiore.
«Sebbene frammentario, lo scheletro di Saltriovenator mostra un mosaico di caratteri anatomici ancestrali e derivati, che si trovano rispettivamente nei dinosauri con mani a quattro dita, come i dilofosauri e i ceratosauri, e nei teropodi tetanuri che hanno mani con tre dita, come gli allosauri», spiega il primo autore dello studio, Cristiano Dal Sasso.
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