Un progetto pilota in Niger riesce a recuperare il terreno attraverso la permanenza notturna degli animali. Questo approccio, noto come gestione olistica, potrebbe essere la chiave per combattere la desertificazione nel Sahel, una regione sempre più colpita dalle crisi climatiche e dove 11 milioni di persone sono attualmente a rischio di insicurezza alimentare.
Come gli animali combattono la siccità
Per la popolazione del Sahel, una piccola precipitazione di soli 300-350 mm all’anno sarebbe sufficiente per continuare a praticare agricoltura e pascolo… questo, però, solamente se il suolo è in grado di trattenere piccole quantità di acqua. In questo contesto, la gestione olistica del suolo si rivela una battaglia chiave nella guerra contro desertificazione.
«Il futuro dei mezzi di sussistenza nel Sahel passa attraverso una migliore gestione dell’acqua e del suolo, beni sempre più preziosi per 300 milioni di persone» spiega Hélène Pasquier, responsabile della sicurezza alimentare e dei mezzi di sussistenza di Azione contro la Fame.
Oltre al cambiamento climatico, anche la mano dell’uomo è responsabile dell’avanzata del deserto in questa regione: «La monocoltura dei cereali e il fatto che i pascoli si stabilizzino nelle stesse zone per lungo tempo stanno esaurendo lo strato superiore del terreno, dove la ritenzione idrica è minore. Questo lascia i suoli fortemente indeboliti fino al loro esaurimento».
Urina e letame per ottenere erba e raccolti
Azione contro la Fame ha lanciato, insieme all’organizzazione spagnola AleJAB, un progetto pilota per cercare di sfruttare i nutrienti naturali degli animali sulla terra. «Abbiamo convinto la comunità di Keita, una delle zone più colpite dalla fame in Niger, di condurre i loro animali durante la notte in un recinto perimetrale per sette notti, così da fertilizzare la terra. Avevano solo 18 mucche. Terminata la settimana, il recinto è stato chiuso, affinché le poche piante presenti potessero ristabilirsi. L’urina e le feci prodotte durante questi sette giorni e la cura della scarsa vegetazione hanno avuto effetti sorprendenti sulla rigenerazione del suolo: in sole otto settimane l’erba è cresciuta di nuovo» spiega Joaquín Cadario, coordinatore del progetto. “È il modo più sostenibile per rendere compatibili e adattabili l’agricoltura e il pascolo ai cambiamenti climatici».
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