La centrale a carbone di La Spezia dovrà cessare la sua attività entro il 2021. È quanto ribadito dal Ministero dell’Ambiente in una lettera inviata al Comune della città ligure, a conferma del decreto del Tribunale del riesame dell’Aia (D.M. 351 del 6 dicembre 2019) che prevede entro l’anno il fermo degli impianti termoelettrici a carbone non più rispondenti alle prescrizioni delle procedure ambientali.
La chiusura della centrale di La Spezia (600MWe) non solo rappresenta una tappa importante per l’uscita dalla produzione elettrica a carbone del nostro Paese, ma non comporterà nella regione alcuna carenza di rete.
In Liguria c’è infatti un gruppo da quasi 800MWe funzionante nella centrale a gas di Vado Ligure, che attualmente sta lavorando a scartamento ridotto e ha prodotto appena 1.900 GWh/anno quando ne avrebbe potuti produrre oltre 5.000.
Una transizione sostenibile
Si tratta di un primo, importante passo verso l’eliminazione del peggiore dei combustibili fossili, sia per il clima, sia per la salute e l’ambiente, ma è necessario sottolineare che anche il gas non consentirebbe di contrastare i cambiamenti climatici.
Solo una transizione energetica imperniata su fonti rinnovabili, efficienza, sistemi di accumulo adeguati, reti intelligenti e trasporti efficienti – come illustrato in dettaglio da uno studio commissionato dal WWF e svolto dall’Enea nel 2016 – può rappresentare la giusta via verso nuove occasioni di sviluppo sostenibile e salvaguardia del territorio.
E proprio la nascita del Ministero della Transizione Ecologica deve auspicabilmente rappresentare l’inizio di una nuova fase, in cui imprese, istituzioni, parti sociali e società civile possano identificare le strade migliori per partecipare da protagonisti all’economia decarbonizzata ed evitare il più possibile di rimanere intrappolati in progetti e fonti del passato.
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