A distanza di pochi mesi dalla strage di Sciacca, dove furono 40 i cani avvelenati, la Sicilia torna a fare i conti con il fenomeno delle uccisioni di cani randagi.
L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello avvenuto in zona San Filippo a Furnari, in provincia di Messina.
I corpi di 10 cuccioli sono stati rinvenuti senza vita e le analisi hanno confermato quanto si sospettava già: a ucciderli sono stati bocconi avvelenati, sparsi da qualcuno con l’intento di uccidere in maniera atroce i cagnolini.
Rischi non solo per gli animali
I bocconi avvelenati, oltre a costare la vita agli animali domestici o selvatici cui sono stati destinati, innescano una serie di morti a catena che vanno a colpire anche altri animali come, ad esempio, i rapaci che si nutrono delle loro carcasse.
Ma non solo: questa pratica – purtroppo ampiamente diffusa su tutto il territorio nazionale – rappresenta un serio pericolo per l’ambiente e per l’incolumità pubblica, soprattutto per i bambini che potrebbero venire a contatto con le esche avvelenate.
Ora una legge più severa
Per questo, leggi più severe sono una necessità. «Il caso di Messina ha mostrato la necessità di una legge nazionale ad hoc contro gli avvelenamenti che contenga norme per prevenire e contrastare il fenomeno e pene certe per gli avvelenatori – ha detto Ilaria Innocenti, Responsabile Area Animali familiari della LAV –. La situazione è grave e per questo occorre intervenire da subito dando un segnale forte della volontà di affrontare un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale. Chiediamo, dunque, al Governo e al Parlamento di approvare al più presto la legge nazionale proposta da LAV e che mira a rafforzare i contenuti dell’Ordinanza attualmente in vigore stabilendo sanzioni penali e amministrative per i trasgressori».
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