Sarà capitato a tutti di domandarsi se ciò che scegliamo di mangiare abbia delle conseguenze o meno sul pianeta in cui abitiamo e sul nostro corpo. Ma fino a che punto ci siamo spinti per informarci correttamente su questo tema che sta prendendo sempre più spazio all’interno della società?
Ho deciso di basarmi su informazioni documentate e quanto più chiare possibili per esporre le conseguenze di un’alimentazione che consuma prodotti provenienti dall’industria zootecnica.
Toccherò 4 temi: dalle ripercussioni sull’ambiente, alle questioni etiche, a quelle salutari, e per finire dedicherò una parte alla cucina a base vegetale.
Parte 1 – Ambiente
I dati sul consumo di animali
Siamo consapevoli delle conseguenze della nostra alimentazione sull’ambiente? E lui, come sta rispondendo? Sono solo un paio di domande che potremmo porci ogni volta che scegliamo di consumare carne, uova e latticini provenienti da allevamenti. Risposte esaurienti esistono, eppure il materiale a cui abbiamo accesso come utenti è spesso inadeguato a causa della cosiddetta “prudenza informativa” o del nostro retaggio socio-culturale. Ciò che resta è ancora molta disinformazione che può essere colmata con fonti attendibili e tanta voglia di conoscenza.
Un rapporto di causa-effetto
Come sottolinea lo scrittore e saggista Richard Oppenlander, l’industria alimentare e alcuni dei danni che riporta il pianeta sono legati da un rapporto di causa-effetto. Ogni volta che consumiamo prodotti animali contribuiamo in modo più o meno consapevole alla perdita di risorse rinnovabili e non rinnovabili. Ma di quali risorse stiamo parlando esattamente? Scegliere prodotti di origine animale provenienti dall’industria alimentare significa consumare ingenti quantità di cibo necessario a sfamare gli animali, acqua, suolo, aria pulita, e fonti energetiche quali i carburanti fossili. Gli effetti non si fermano qui, non dimentichiamoci i rifiuti, quali per esempio gli escrementi, e gli inquinanti che derivano dall’intero processo di produzione. Studi condotti dal Worldwatch Institute dimostrano inoltre come l’industria del bestiame rappresenti uno tra gli attori chiave legati al surriscaldamento globale e all’acidificazione delle acque.
Il depauperamento delle risorse
Cominciamo con un dato che non lascia indifferenti: circa 70 miliardi di animali vengono allevati e uccisi ogni anno per essere destinati al consumo di carne, uova e latticini. Questo valore non tiene in considerazione i circa 1000-2000 miliardi di pesci che vengono pescati ogni anno sulla base di fonti provenienti dalla fishcount.org britannica. Secondo dati riportati dalla LAV (Lega Anti Vivisezione), in Italia gli animali allevati a terra per scopi alimentari si aggirano oltre i 600 milioni, circa 10 animali per ciascuno dei 60 milioni di abitanti presenti sul nostro territorio.
Scavando più in profondità scopriremo che, come dichiarato dalla FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), l’allevamento di bestiame occupa circa un terzo delle terre libere dai ghiacci. Questi dati hanno catturato la nostra attenzione? Andiamo allora fino in fondo. Da un articolo della World Bank leggiamo che l’allevamento è causa di circa il 90% della deforestazione in Amazzonia e che, secondo il Giornale Americano della Nutrizione Clinica, per produrre un chilo di carne bovina ci vogliono circa 15.000 litri di acqua che proviene da fonti sovra sfruttate. Ricerche a livello globale riportano che dal 20 al 33% dell’acqua dolce mondiale viene utilizzata dalla zootecnia. Continuando con la nostra ricerca ci imbattiamo in altre percentuali; WWF e Greenpeace ci dicono che l’80% della soia prodotta a livello mondiale è destinata a nutrire gli animali e, la zootecnia, secondo il Worldwatch Institute, è responsabile del 51% di tutte le emissioni di gas serra annuali, più di quelle imputabili al settore dei trasporti che ammontano al 13%.
Soffermiamoci sui gas serra. Si nomina sempre l’anidride carbonica, ma pochi di noi sapranno che il metano possiede un potenziale di riscaldamento 86 volte maggiore, e il protossido di azoto addirittura 296 volte più grande. Sul sito delle Nazioni Unite leggiamo che il 40% di metano ed il 65% di protossido di azoto liberati nell’ambiente sono attribuibili ai capi di bestiame che li rilasciano sotto forma di gas e letame.
L’indagine continua
Nel suo libro Cibo per la Pace, Will Tuttle riporta che il 98% della biomassa del pianeta è costituita dall’uomo e dagli animali che possediamo, ben poco resta quindi alle altre specie. Questi fatti, scrive Claudio Pomo nell’introduzione all’edizione italiana del saggio Cowspiracy di Kip Andersen e Keegan Kuhn, ci mettono di fronte a una sfida difficile in cui ognuno di noi si dovrà mettere in gioco per decidere la sorte del pianeta e di tutti i suoi abitanti.
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