Guarda la prima parte con l’escursione nella Valle delle Grandi Pietre
Caratterizzato da un versante tirrenico, più fresco e ombroso, e da uno ionico, battuto dal sole e dal vento caldo, il Parco Nazionale dell’Aspromonte è l’area protetta più grande della Calabria. I suoi abitanti sono pochi e concentrati in un pugno di paesi serviti da strade tortuose.
Nonostante la modestia dei rilievi – il Montalto non raggiunge neanche i 2.000 metri – l’Aspromonte è un territorio poco accessibile, con valloni intricati e scoscesi, cascate nascoste, antiche foreste e tracce di antichi fiumi, le cosiddette fiumare. Un territorio complesso e immenso che nonostante piaghe come gli incendi, il bracconaggio e l’edilizia sconsiderata, conserva ancora il fascino di un ambiente selvaggio.
Un rifugio tra gli alberi
Uno dei grandi pregi di questo luogo è la conservazione di una foresta mediterranea altrove degradata. Qui gli alberi versano in discreta salute, nonostante non manchino problemi di incendi, pascolo eccessivo e disboscamenti.
Ma il leccio (Quercus ilex), il grande protagonista di questi spazi, è una pianta adatta a fare fronte a queste minacce: bene adattata all’aridità, è anche in grado di emettere polloni dalle radici, qualora il tronco venga tagliato e gravemente danneggiato. I giovani lecci, inoltre, hanno foglie spinose, che li mettono parzialmente al riparo dal pascolo.
Le querce attorno a Pietra Cappa non sono le più grandi e neanche le più suggestive del Parco Nazionale (i lecci più grandi si trovano nei pressi della fiumara di Butramo), ma contribuiscono a dare una pregiata copertura forestale, dando rifugio a molti animali, tra cui i ghiri, tra le specie a maggior rischio di estinzione in Italia, le cui principali minacce arrivano dal bracconaggio e dagli incendi che ne frammentano l’habitat.
Secondo la Lipu, ogni anno migliaia di esemplari di questa specie non cacciabile vengono uccisi attraverso armi da fuoco e trappole posizionate sugli alberi per finire in pentola, nelle case dei privati e nei ristoranti locali.
Tra castagni e lupi
A Pietra Cappa il leccio è spesso accompagnato da una tipica quercia meridionale, il farnetto (Quercus frainetto). Pianta a crescita lenta e vulnerabile al freddo prolungato, produce ghiande dolci e saporite, molto apprezzate dai cinghiali così come da picchi e ghiandaie. Più a monte si osservano anche singole piante della più grande farnia (Quercus petraea) e della roverella (Quercus pubescens), due alberi diffusi in gran parte d’Italia.
Nelle zone più umide non mancano i castagni, piantati dai monaci che dimoravano in questi luoghi molti secoli fa. Proprio a queste compatte formazioni forestali, che nei secoli scorsi erano assai più estese, si devono le visite occasionali dei lupi, ormai frequenti visitatori dell’Aspromonte. Nel Parco la loro preda di riferimento è il cinghiale, l’ungulato di maggiore taglia presente, visto che mancano cervi, daini e caprioli.
5 SPECIE DA OSSERVARE
Pellegrino
Il più potente dei nostri falconi nidifica sulle pareti più scoscese di Pietra Cappa.
In primavera non è difficile vedere una coppia cacciare attorno alle formazioni rocciose presenti sul territorio, soprattutto nel versante rivolto verso le Rocche di San Pietro.
Castagno secolare
Un grande esemplare si trova nel Casello Forestale di San Giorgio. Ma l’esemplare più maestoso è circa 2 chilometri dopo Pietra Cappa, proseguendo in direzione di Polsi e San Luca.
La pianta si trova sulla sinistra, subito a lato della strada sterrata ed è immensa, con un diametro di circa 4 metri.
Cervone
È il più grande dei nostri serpenti (raggiunge i 2 metri) ma è completamente innocuo e non è neppure aggressivo.
Vederne uno non è affatto semplice ma si può provare a guardare tra le querce sul margine del bosco, alla mattina e alla sera, quando i serpenti amano termoregolarsi.
Mantide Empusa
Le garighe assolate del versante ionico dell’Aspromonte ospitano uno degli insetti più curiosi della nostra fauna, Empusa pennata, una mantide religiosa dalla sagoma esile che la rende quasi invisibile tra gli arbusti della macchia. Gli adulti si trovano tra maggio e luglio.
Sedum rubens
Nota anche come borracina rossa, è una piccola pianta grassa legata alle pareti rocciose e ai praticelli aridi. In primavera inoltrata produce dei gradevoli fiori bianchi striati di rosso che si possono osservare in tutte le zone rupestri, soprattutto nella parete sud di Pietra Cappa.
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