L’emergenza coronavirus sta coinvolgendo oltre 100 Paesi in tutto il mondo con effetti importanti anche da un punto di vista ambientale.
Se da un lato appare chiaro che l’epidemia, bloccando di fatto diverse attività produttive e coinvolgendo in pieno il settore dei trasporti, contribuirà a ridurre almeno momentaneamente le emissioni di gas climalteranti, dall’altro lato sarebbe sbagliato considerare il virus come un potenziale alleato nella lotta ai cambiamenti climatici.
Come già avvenuto nel caso di precedenti crisi globali (si pensi alla crisi finanziaria del 2008-2009), è molto probabile che le emissioni aumentino nuovamente una volta superato il problema epidemia; inoltre il rischio concreto di una pandemia potrebbe distogliere l’attenzione e le risorse finanziarie alle politiche ambientaliste messe in atto con fatica negli ultimi anni a livello globale.
Le ricadute negative…
Negli ultimi giorni, il mancato accordo tra l’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries) e i 10 paesi non Opec guidati dalla Russia e il timore di una pandemia globale hanno fatto crollare il prezzo del petrolio del 31%: è il maggiore calo dal 17 gennaio 1991 (inizio della prima guerra del Golfo).
Proprio a causa del virus, inoltre, secondo l’Iea (l’Agenzia Internazionale dell’Energia) si prevede una contrazione della domanda di circa 90.000 barili al giorno rispetto al 2019.
I mercati globali hanno subito pesanti ricadute con perdite a due cifre e con i titoli energetici in forte calo. In questo contesto, nei prossimi mesi, potrebbe diventare estremamente difficile per le aziende reperire le risorse necessarie ad effettuare la transizione energetica verso fonti rinnovabili.
Risorse non soltanto economiche. In questo senso sta facendo scuola l’esempio della Cina, uno dei maggiori produttori al mondo di pannelli solari, turbine eoliche e batterie al litio.
I problemi di approvvigionamento ed il calo della produzione e delle spedizioni, legati all’emergenza Coronavirus, hanno enormemente rallentato i progetti di investimento nel settore delle rinnovabili non soltanto nel paese del Sol Levante ma anche all’estero.
La salute prima di tutto, ovviamente, eppure la grande preoccupazione per le ricadute sociali dell’epidemia di COVID-19 potrebbe distogliere l’attenzione della politica e anche del pubblico sulle questioni legate ai cambiamenti climatici.
In quest’ottica, la notizia dei “voli fantasma”, ovvero dei voli vuoti per garantire alle compagnie aeree il futuro mantenimento degli slot in diversi aeroporti dei paesi interessati dall’epidemia, non sembra interessare né la politica né parte del grande pubblico.
A ragion veduta, al momento, l’interesse comune è concentrato su temi come la salute pubblica, il lavoro, i risparmi, ma non dobbiamo e possiamo distogliere l’attenzione (almeno a livello politico) sui temi legati al riscaldamento globale che avranno certamente un impatto più duraturo rispetto ad una crisi sanitaria comunque passeggera.
… e quelle positive
L’arresto parziale delle attività produttive in Cina, legato al diffondersi del coronavirus, ha provocato una decisa diminuzione delle emissioni di gas climalteranti e di polveri sottili in atmosfera.
Un effetto positivo, certo, ma non è ovviamente questo il modo in cui vogliamo contrastare i cambiamenti climatici o l’inquinamento atmosferico. Allo stesso modo, il settore del trasporto aereo ha visto un netto calo del traffico con una riduzione delle emissioni di CO2 ancora tutta da quantificare.
Relativamente al settore economico, il crollo dei prezzi del petrolio potrebbe in realtà avere un effetto positivo sugli investimenti a lungo termine in energie rinnovabili per le grandi compagnie.
Se il prezzo al barile dovesse mantenersi basso su un lungo periodo di tempo, allora i rendimenti attesi dei futuri investimenti nel settore petrolifero potrebbero abbassarsi favorendo invece il settore delle energie rinnovabili che risulterebbe più appetibile.
In quest’ottica le politiche energetiche di vari paesi potrebbero virare decisamente verso un incoraggiamento delle energie “pulite”.
In realtà riscaldamento globale e pandemia hanno un denominatore comune: la salute umana.
In entrambi i casi, l’assenza di strategie tempestive e di lungo termine per minimizzare le conseguenze sull’umanità, potrebbe portare allo stesso modo a mettere in pericolo la vita di tutti noi.
Contrastare dunque con tutti gli strumenti possibili il rischio di un’epidemia globale per contenere i contagi e minimizzare le vittime, ma allo stesso modo continuare a tracciare quel percorso che garantirà la sopravvivenza su questo Pianeta alle future generazioni.
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