Lo scorso 7-8 ottobre a Trento si è svolto un incontro nazionale dedicato all’orso bruno e alla convivenza con questo animale anche a seguito dei fatti accaduti quest’estate.
Le critiche al progetto Llife Ursus
Come tutti ricorderanno, infatti, l’uccisione dell’orsa Kj2 protagonista di due scontri con l’uomo (forse troppo confidente o forse solo sfortunata) ha rimesso in discussione le modalità di gestione del plantigrado sul territorio e i risultati del progetto di reintroduzione Life Ursus che negli ultimi vent’anni ha riportato l’orso a ripopolare l’area del Parco dell’Adamello Brenta. La decisione della Provincia di eliminare l’esemplare, considerato problematico e pericoloso, ha destato molto clamore e non tutti hanno accettato la decisione di buon grado. Da una parte gli ambientalisti che pretendono giustamente la tutela della specie, dopo tanta fatica per riportarla in Italia, dall’altra i cittadini delle località alpine che, non più abituati alla presenza dell’orso, chiedono protezione.
La ricerca di una convivenza
L’incontro, organizzato dalla sezione grandi carnivori del CAI e dalla Società degli Alpinisti Tridentini (gruppo molto seguito con oltre 25 mila tesserati) ha rappresentato comunque una scelta coraggiosa, una presa di posizione decisa in questo momento di incertezza, nonché la volontà di riprendere la questione secondo l’unico punto di vista possibile: la ricerca di una convivenza. Su questo punto all’evento è intervenuto anche Andrea Mustoni, responsabile dell’Ufficio ricerca scientifica ed educazione ambientale del Parco Naturale Adamello Brenta e già coordinatore del progetto Life Ursus, che ha invitato tutti i partecipanti a non proporre soluzioni “di pancia” ma a immedesimarsi prima negli altri attori coinvolti – apicoltori, turisti, escursionisti, cittadini di montagna – al fine di trovare una soluzione il più possibile condivisa. «L’accettazione della presenza dell’orso da parte della popolazione – dice Mustoni – è purtroppo diminuita negli anni, sia perché c’è stato un cambio generazionale dall’introduzione dei primi orsi, sia a causa della cattiva informazione e della diffusione di falsità e di “verità” tendenziose finalizzate a fomentare la paura. Oggi l’orso è stato strumentalizzato, diventando importante per fini elettorali e politici, per ottenere consensi, mettendo in secondo piano il suo valore ecologico su queste montagne e lo stato di salute della popolazione».
Arresto demografico
Secondo i dati dei ricercatori negli ultimi due anni la crescita della popolazione degli orsi, costituita da una cinquantina di individui, si è improvvisamente arrestata, anche se in Trentino non mancano altri territori idonei alla diffusione della specie e finora non utilizzati dall’animale. «In attesa di avere dati genetici che ci diano maggiori informazioni – aggiunge Mustoni – si sta anche indagando per scoprire eventuali casi di bracconaggio e sull’utilizzo di bocconi avvelenati che potrebbero essere una delle cause di questo arresto demografico».
Intanto ben vengano gli incontri per parlare di gestione o di come comportarsi in presenza dell’orso. Rispetto ai lupi, gli orsi sono meno elusivi e per chi vive nel loro territorio non è così difficile incontrarli, talvolta persino nel giardino di casa, o vedere le loro enormi impronte. Per questo è importante evitare comportamenti che stimolino ulteriormente la naturale confidenza e curiosità dei plantigradi o, per contro, atteggiamenti di minaccia, per esempio mandandolo loro incontro i cani, che possono scatenare reazioni di paura e aggressività. Malgrado alcuni episodi e la mole dell’orso, sembra che al momento i cittadini trentini temano di più un’altra “minaccia”: il ritorno del lupo che sta ricolonizzando spontaneamente le Alpi. Poco importa che il lupo non si faccia vedere, che non esistano attacchi o scontri fra uomini e lupi da almeno 200 anni, il “cattivo” numero uno resta sempre lui. Così magari l’orso tira un attimo il fiato.
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