In Germania il tribunale amministrativo federale di Lipsia ha stabilito che le città tedesche potranno vietare l’ingresso alle auto diesel nei centri urbani più inquinati, al fine di migliorare la qualità dell’aria. La vera novità è che potranno vietare la circolazione anche ai motori diesel Euro4 ed Euro5, come d’altronde già avviene in Italia. Come è successo, per esempio, con il divieto imposto quest’inverno a Torino.
Nel frattempo la sindaca di Roma, Virginia Raggi, partecipando a Città del Messico al Convegno C40, ha annunciato che dal 2024 sarà vietato l’uso di auto diesel nel centro di Roma.
Questa strategia dei divieti ha avuto come antesignana Parigi, dove la sindaca Anne Hidalgo vuole bandire i diesel entro il 2020.
Provvedimenti simili vengono studiati anche a Londra e Barcellona.
A Milano, già oggi le auto private diesel, fino a Euro4 incluso, non possono circolare nella vasta Area C del centro.
Un epilogo casuale
Il futuro dell’auto diesel è, quindi segnato. Probabilmente è un bene per l’ambiente e per la qualità dell’aria, anche se a questo epilogo si è giunti più per caso e per una sequenza di eventi maldestri, che per una strategia ben pianificata. Quindi con le conseguenti, impreviste e imprevedibili, ricadute economiche e organizzative per l’industria e per i cittadini.
Ricordiamo come si è arrivati a questa “uccisione” del diesel: colpevole è l’industria automobilistica tedesca.
Un motore in chiaro/scuro
Il motore diesel, infatti, intrinsecamente ha un pregio e un difetto.
- Il pregio sono le ridotte emissioni di CO2, responsabile dell’effetto serra, del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici. Un potenziale alleato, quindi, verso gli obiettivi stabiliti dagli accordi di Parigi.
- Il difetto sono le alte emissioni di NOX e di PM10.
Queste emissioni potrebbero, però, essere facilmente contenute grazie all’adozione di tecnologie ben sperimentate e già implementate – vedi, per esempio, il BlueHDi del Gruppo francese PSA, che riesce a ottenere una drastica riduzione delle emissioni di NOx fino al 90% e a eliminare il 99,9%, delle particelle, comprese le più sottili.
Ma, come nelle peggiori vicende di cronaca nera, l’improvviso “impazzimento” delle case automobilistiche tedesche ha determinato un caso di omicidio-suicidio. Queste, invece di adottare il sistema francese o di studiarne uno analogo, hanno preso la scorciatoia illegale di truccare i test delle emissioni. Da qui lo scandalo a livello mondiale, le multe e le sanzioni, i divieti nei confronti di tutto il parco diesel circolante, ora visto – giustamente – con grande sospetto.
Non bastasse, è recentissimo lo scandalo dei test con i gas di scarico diesel effettuati – sulle scimmie prima e sulle persone poi – per conto delle Case automobilistiche tedesche Bmw, Volkswagen e Daimler.
Il futuro nell’ibrido
Ora che il diesel ha i giorni contati, l’industria deve puntare al futuro per dare delle risposte concrete alle esigenze di mobilità dei cittadini.
Guardando alle prospettive, l’elettrico, fin tanto che non verranno risolti i problemi di autonomia e infrastrutture, è limitato alle grandi aree metropolitane. La direzione privilegiata è quella dell’ibrido, che consente la riduzione di emissioni di C02 del 70-80% nelle migliori esecuzioni e tipologie d’impiego e non presenta scomodità d’uso per l’automobilista, che lo guida come una normale vettura a benzina.
Anche le Case automobilistiche che non hanno puntato fin dall’inizio sulla doppia motorizzazione benzina/elettrico stanno ora cercando di recuperare il tempo perduto.
Daimler-Benz ai cinesi
I vertici Daimler-Benz hanno annunciato l’acquisizione del 9,69% delle proprie quote capitale da parte del Gruppo Geely: con questa mossa il colosso cinese, già in possesso delle quote Volvo, diventa azionista principale di Daimler-Benz. Ma non si tratta di un’azione a senso unico (investimento di capitale cinese in Europa): da parte di Daimler c’è l’interesse allo scambio tecnologico a vantaggio dei marchi Mercedes e Smart. Infatti, Daimler opera già in Cina, grazie alla collaborazione con la Casa automobilistica statale Baic per la produzione di veicoli a batteria nello stabilimento in comproprietà a Pechino. I due investiranno circa 1,5 miliardi di euro per costruire un nuovo impianto, che produrrà vari modelli Mercedes-Benz ibridi ed elettrici.
Marchionne attacca la spina
Anche il Gruppo FCA si adegua al trend “no diesel” e Marchionne annuncerà l’abbandono di questa motorizzazione a partire dal 2022. Lo ha rivelato il
Financial Times, che ha pubblicato alcune anticipazioni del prossimo piano industriale, che verrà presentato a giugno. La scelta è legata al calo delle vendite sui mercati esteri (in Italia, invece, le immatricolazioni di auto a gasolio continuano a crescere) e al costo della tecnologia per contenere le emissioni che, sulle auto dei segmenti di piccola cilindrata, ha un impatto relativo elevato.
Un’ipotetica svolta verso motori elettrici imporrebbe a FCA ingenti investimenti industriali per recuperare il gap accumulato rispetto ad altri produttori, già impegnati da tempo nello sviluppo delle nuove tecnologie.
La corsa all’oro nella povera Africa
Quest’improvvisa accelerazione nel trend di conversione all’elettrico e all’ibrido sta scatenando una vera e propria “corsa all’oro” per l’approvvigionamento di materie prime come litio, cobalto e grafite necessari alla tecnologia delle batterie. Difficoltà di estrazione e crescita della domanda stanno facendo impennare i prezzi di queste risorse minerarie: i prezzi salgono alle stelle così come i profitti delle società minerarie.
Le società minerarie fanno a gara per aggiudicarsi licenze di esplorazione e terreni da sfruttare e l’Africa, che abbonda di materie prime, continua a vedere le proprie ricchezze prendere altre strade, rimanendo condannata alla povertà. Niger, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Malawi, Mozambico e Namibia sono le nuove frontiere all’industria mineraria. Centinaia di migliaia di persone, compresi molti bambini, in Africa lavorano nelle miniere in condizioni di lavoro durissime, come ha documentato Todd Frankel sul Washington Post, in un reportage da una miniera del Congo.
Ed è nuovamente la Cina la protagonista della “caccia” ai metalli rari in Africa per alimentare le batterie delle auto del futuro. China Molybdenum, la società mineraria parastatale cinese, possiede una delle più grandi miniere di cobalto al mondo a Tenke, in Congo. Il cobalto è essenziale per la produzione delle batterie ricaricabili agli ioni di litio delle auto elettriche e degli smartphone.
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