È una brutta parola, d’accordo. Ma a fronte di un suono discutibile, il neologismo “depavimentare” sprigiona un’infinità di effetti benefici.
Della necessità di promuovere azioni di desealing (desigillare) e depaving (depavimentare) si parla da tempo. Si tratta, in parole povere, di restituire spazi permeabili e ricchi di vegetazione alle città congestionate. Per esempio, Milano ha annunciato la depavimentazione di uno spartitraffico asfaltato in viale Suzzani: nelle prossime settimane si trasformerà in una lunga aiuola all’ingresso del Parco Nord Milano: in tutto 900 metri quadrati di superficie impermeabile da restituire alla vegetazione, con particolare riguardo per le specie capaci di attrarre le api.
Dopo che per decenni si sono cementate e asfaltate ampie fette d’Italia, il contrappasso sembra pronto ad agire per imporre la sua legge. I nostri centri abitati del resto sono pieni di spazi – parcheggi, piazze e strade – realizzati con scarsa attenzione alla qualità e alle prestazioni ambientali del suolo pubblico.
L’idea di individuare porzioni più o meno grandi di aree asfaltate o cementate e renderle nuovamente permeabili – creando aiuole fiorite, prati e giardini – non ha solo un valore simbolico. Grazie a interventi simili i centri urbani diverranno più salubri e vivibili e soprattutto sarà possibile aumentare la resilienza delle città ai cambiamenti climatici: evitando fenomeni di ruscellamento in caso di forti piogge, sequestrando carbonio e migliorando le condizioni di comfort bioclimatico.
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