Nella foresta impenetrabile del Parco Nazionale Bwindi, nel sud-ovest dell’Uganda, vivono alcuni dei gorilla di montagna oggi esistenti. La vegetazione è fitta a tal punto da renderla impraticabile, ma non per i gorilla, che si spostano con una tale agilità da farci sentire inadatti al loro mondo.
Conoscere la specie
Il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) è una sottospecie del gorilla orientale (Gorilla beringei).
È un animale altamente sociale che vive in gruppi che possono avere dai 5 ai 50 individui e che possiedono un preciso ordine gerarchico con a capo un maschio silverback dominante, così chiamato per la caratteristica colorazione argentea del pelo del dorso.
Secondo la IUCN (International Union for Conservation of Nature) ammontano a circa 300 i gorilla di montagna in natura. La minaccia numero uno è la distruzione dell’habitat, sia per ricavare legname, sia per lasciare spazio ad agricoltura e allevamento.
Il Parco Nazionale di Bwindi
La foresta pluviale di Bwindi, patrimonio dell’UNESCO, è un vero e proprio hotspot di biodiversità. Si snoda lungo l’Albertine Rift per 331 kilometri quadrati tra 1160 e 2607 metri sopra il livello del mare.
Circa il 45% di tutti i gorilla di montagna rimasti in natura si trova proprio nel Bwindi. Gli animali sono distribuiti in 36 famiglie, 11 delle quali sono state progressivamente abituate alla presenza di ranger e visitatori.
Non si è pienamente consapevoli di trovarsi nei pressi della foresta fino a quando non ha inizio il trekking che porta nel cuore del Parco. Tutt’intorno al Bwindi vi sono infatti i segni lasciati dalla deforestazione, che fanno apparire quest’ultimo paradiso ancora più vulnerabile.
L’incontro con i gorilla
Il numero di permessi concessi ogni giorno per la visita è limitato per due motivi: evitare il rischio di trasmettere infezioni virali o batteriche ai gorilla e contenere l’eventuale disturbo arrecato alle attività quotidiane degli animali.
Come spiegano le guide, i gorilla di montagna si spostano entro un raggio di circa un chilometro ogni giorno, questo permette ai ranger di individuare l’area in cui gli animali si troveranno all’alba conoscendo la loro ultima posizione della sera precedente.
Ogni gruppo di visitatori segue una famiglia precisa. La vegetazione è talmente fitta che per procedere è necessario aprirsi varchi e arrampicarsi su cumuli di piante. Una volta individuati i gorilla , ci si tiene a debita distanza e li si segue a fatica nei loro spostamenti. È comune vederli nutrirsi di foglie, frutti e corteccia, ma anche pulirsi a vicenda.
Incrociare i loro sguardi e osservarli sicuri e pacifici nel loro territorio scatena sentimenti molto profondi. Siamo ospiti a cui è stato concesso di assaporare un intenso, anche se fugace, attimo della loro vita.
Non è raro assistere a una scena teatrale da parte di un silverback. Se è in qualche modo infastidito dalla nostra vicinanza, in una frazione di secondo si pone di fronte a noi. Attraverso suoni e finti attacchi mette bene in chiaro che abbiamo oltrepassato il limite. L’esibizione dura pochi attimi, ma è sufficiente per farci capire qual è il nostro posto.
Quale futuro per i gorilla di montagna
Le guide del Bwindi sottolineano come il turismo legato ai gorilla di montagna sia una delle principali fonti di guadagno dell’Uganda. Consente la protezione dal bracconaggio e dalla perdita dell’habitat, e genera numerose opportunità di lavoro per le comunità locali. Il profitto sembra essere al momento l’unica garanzia di sopravvivenza per questa specie.
Centinaia di straordinari ranger e dipendenti locali sono impegnati quotidianamente nella tutela del gorilla di montagna, molti di loro hanno pagato con la vita.
Questa formula intelligente di turismo in Uganda è un esempio che altri Stati dell’Africa dovrebbero seguire. A tutela dell’ambiente e delle specie e contro gli spietati interessi del bracconaggio.
Foto e disegni di Ylenia Vimercati.
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