L’amico de La Rivista della Natura, l’avvocato Mattia Conte, alpinista non professionista, ha lasciato il Nanga Parbat dopo un periodo di acclimatamento all’alta quota e si sta dirigendo verso l’obiettivo della sua spedizione: scalare, consecutivamente, due Ottomila senza ossigeno, il Gasherbrum I e il Gasherbrum II, in coppia con Sergi Mingote, il forte alpinista catalano.
Quello sul Nanga Parbat ha costituito per Mattia il periodo di acclimatamento e di allenamento necessario per affrontare le due cime “G1” e “G2”. Un training moto duro che lo ha visto affrontare prove molto difficili, come la salita per raggiungere Campo 2, a 5.900 m di quota, percorrendo in solitaria e senza ossigeno la via Kinshofer, forse il tratto di misto più tecnico e duro di tutti gli Ottomila.
Nel frattempo, i componenti di alcune spedizioni raggiungevano lo scorso 3 luglio la vetta del Nanga Parbat: Sergi Mingote (il compagno di spedizione di Mattia) con il brasiliano Moses Fiamoncini; Cala Cimenti con i suoi due compagni di spedizione, i russi Vitaly Lazo e Anton Pugovkin; Stefi Troguet; il gurkha Nirmal Purja e i suoi 4 sherpa, i due georgiani Archil Badriashvili e Giorgi Tepnadze. Il famoso alpinista pakistano Muhammad Ali Sadpara ha dovuto rinunciare dopo Campo 2 per il riacutizzarsi di problemi di congelamento a un piede. Cala Cimenti e Vitaly Lazo sono poi scesi con gli sci da quota 8.080.
Filo diretto con Mattia – ultimi 10 giorni
Riportiamo, di seguito, la sequenza temporale dello scambio di messaggi tra Mattia Conte e la redazione di Rivistanatura.com
21,07 del 28.06 (00,07 del 29.06 in Pakistan)
«Siccome al G1 e al G2 nessuna delle 10-15 spedizioni presenti ha fatto nulla a causa del maltempo, noi siamo venuti qui al Nanga Parbat per acclimatare. Il mio amico e compagno di spedizione (Sergi Mingote, n.d.r.) ha appena fatto 45 giorni tra Everest e Lhotse e, quindi, è già acclimatato. Tutti hanno deciso di salire il 30 notte, ma le altre spedizioni sono qui al Nanga Parbat dal 5 giugno, mentre io sono arrivato il 19 e, con soli 10 giorni di acclimatamento, se salissi (senza ossigeno, n.d.r.) rischierei un edema cerebrale. Ho deciso, quindi, di arrivare fino al muro Kinshofer dopo 10-12 ore di camminata. Si trova a ridosso del Campo 2. Così partirò per il nostro obiettivo, la doppia scalata concatenata del G1 e G2 già acclimatato».
12,38 del 29.06 (15,38 in Pakistan)
«Questa notte partirò per un training di 8-10 ore con gli altri che, invece, saliranno. Partiremo dal Campo base alle 3 di notte. La temperatura è buona, tra -10 e -15 °C. Io vorrei arrivare almeno a 5.800 m. Mi sento bene, ma ancora non al 100%. Mi mancano ancora 8-10 giorni di acclimatamento».
Rivistanatura.com – Riesci a dormire? Com’è organizzata la tua giornata?
«Dormo “da Dio”! Prima di salire si mangia molto e si cerca di riposare il più possibile. Colazione alle 8, pranzo alle 12, merenda alle 16 e cena alle 20. Come attività, lettura e pianificazione della spedizione in base alle previsioni meteo».
06,41 del 30.06 (09,41 in Pakistan)
«Azz… stanotte sono stato male, quindi non sono partito con gli altri. Proverò a salire da solo… mi piego, ma non mi spezzo!».
Rivistanatura.com – Ma quale pensi che sia la causa del malessere?
«Non lo so. Stress… altitudine…?».
13,05 del 30.06 (16,05 in Pakistan)
«Sono arrivato a Campo 1 in 3 ore e 50′, contro le 4 ore e 20′ dell’altra volta. Considerando la notte in bianco, può andare. Credo che siano state le maltodestrine a farmi stare male».
17,37 del 01.07 (20,37 in Pakistan)
«Oggi ho fatto l’allenamento più duro della mia vita! Lo sherpa dopo un’ora ha avuto di nuovo il mal di montagna (stato di ipossia, n.d.r.) e ho continuato da solo per 16 ore. Con lunghe pause, ovviamente. Ho camminato fino quasi a Campo 2, poi sono tornato indietro perché non c’era certezza di trovare ancora una tenda di qualcuno al Campo 2, perché gli altri sono ormai tutti arrivati a Campo 3. Dormire fuori senza tenda è morte sicura! Quindi sono rientrato sui miei passi a Campo 1. Questa parte della salita, con il muro Kinshofer, è la più difficile del Nanga Parbat e, forse, di tutti gli Ottomila. Ho fatto una grande fatica, perché senza sherpa mi sono dovuto aprire la via da solo, in mezzo metro di neve fresca su un muro di 60-70 gradi di pendenza. Molto, molto lento».
00,36 del 02.07 (03,36 in Pakistan)
«Ieri le forze erano poche e anche per questo ho tenuto un passo lento, visto che comunque batter traccia è duro e non puoi correre. Ho riposato bene e oggi sto meglio. Oggi il resto del gruppo andrà a Campo 4 e domani in vetta. Io scenderò a Campo base, visto che poi mi aspettano 7 giorni di trekking per raggiungere le “mie” montagne G1 e G2. L’allenamento di ieri è come se avessi fatto in una sola volta due Campi di G1 e G2 in termini di fatica. Mi sono acclimatato al 90%: significa che, se il tempo sarà clemente, potrò salire immediatamente».
02,36 del 04.07 (05,04 in Pakistan)
«Non ho dormito, ho aspettato il ritorno di Sergi dalla vetta del Nanga Parbat. Con Sergi partiremo domani per G1 e G2, dove ci fermeremo per 7 giorni. Domani dovremmo partire per Chilas, 6 ore di trekking. Lì dovremmo prendere una macchina di notte per arrivare a Skardu al mattino».
Rivistanatura.com – Come ti senti di fisico e di morale?
«Fisico un pochino stanco, perché sono caduto in un crepaccio e mi si è girato il ginocchio di 45 gradi… ma con due giorni di ghiaccio ho risolto. Sono acclimatato al 100%, appena possibile proveremo a salire. Il trekking per raggiungere il Campo base del G1 è stancante, ma va fatto. Il morale è buono, anche se l’incidente al ginocchio non mi ha aiutato, ma è normale… Ero da solo a Campo base mentre gli altri salivano in vetta (io, comunque, non ero ancora acclimatato e ciò mi consola). Gli altri erano lì da un mese, io da 16 giorni. Se fossi salito in vetta avrei rimediato un edema cerebrale e sarei morto o, comunque, avrei compromesso tutto. Ora sono più acclimatato di quelli che sono al campo base di G1 e G2, perché il lavoro fatto sul Nanga Parbat è stato anche molto duro. Ora, però, è venuto il momento di dimostrare…».
Rivistanatura.com – Hai mangiato e cosa?
«Sto aspettando il cibo: riso, pollo e insalata».
Rivistanatura.com – Come sono i rapporti con gli altri?
«Al Nanga c’erano solo 4 spedizioni, tutti di professionisti. Io ho fatto amicizia con tutti i russi, con cui mi sono trovato benissimo; con Cala Cimenti; più i nepalesi (che salivano con l’ossigeno) che già conoscevo dal Manaslu, i georgiani (due guide), due francesi che se ne stavano per conto loro (guide della Val d’Isère). Io, unico non professionista, ho ricevuto complimenti da tutti per le 14 ore fatte da solo sulla parete di 72 gradi. Ho condiviso il mio cibo con tutti e ho cucinato la pasta col pomodoro fresco per tanti. Quando dico che ho cominciato a scalare l’anno scorso, non ci crede nessuno… per me questo è sufficiente. Sergi, il mio amico, nel 2000 era già in Pakistan, quindi nemmeno mi ci metto a competere… gli altri uguale. Quello che è certo è che tutti mi hanno ben accolto e accettato. Questo mi rende orgoglioso di essere italiano».
Rivistanatura.com – Cosa pensi quando stai scalando?
«Che se ce l’hanno fatta gli altri, posso farcela anch’io. E a tenere alta la concentrazione, cercando di non andare in affanno».
Rivistanatura.com – Cosa ti dici per concentrarti?
«Che sono da solo e che, se sbaglio, nessuno mi verrà a prendere».
19,11 del 07.07 (22,11 in Pakistan)
«Ho lasciato il Nanga Parbat tre giorni fa, è servito per acclimatare e per fare training. Ora sul Nanga non c’è più nessuno. Siamo arrivati a Skardu partendo questa notte all’1 e siamo arrivati alle 13. Abbiamo coperto 250 chilometri in jeep in sole 12 ore! Resteremo qui un giorno per organizzare il trekking. Domani partenza per 4 giorni di trekking per raggiungere il Campo base di G1 e G2. Secondo il nostro programma, dovremmo arrivare il 12 e cominceremo a salire il 14, per tentare la prima vetta il 17. Se il meteo tiene. È appena uscito un comunicato che dice che la spedizione coreana guidata da Kim Hongbin ha fatto vetta (con l’ossigeno) del G1 alle 17.10 di oggi. Domani sveglia alle 5, partiremo presto, verso le 6. Saremo io e Sergi più svariati sherpa per trasportare valigie e zaini. 8 ore di cammino tutti i giorni. Il percorso è vario, la temperatura anche. Si va da oltre 30 °C di giorno ai -5 di notte. Non dovremmo trovare neve o ghiaccio, perché prenderemo la “via lunga”».
04,37 del 08.07 (07,37 in Pakistan)
«Oggi viaggio di 7 ore in macchina per fare 114 chilometri da Skardu ad Askole. Con trasbordo di jeep, visto che si era formata una voragine di 20 metri a metà strada. Ora stiamo montando le tende. Domani il trekking comincerà alle 4 del mattino, per evitare il caldo, e durerà 8 ore circa. Dormiremo in tenda. Mangeremo bresaola, grana e mandorle. Avremo con noi degli sherpa che porteranno 4 borse di attrezzature e una sola di cibo portato dall’Italia».
Se vuoi rileggere le precedenti puntate:
- Da Milano alla conquista del Nanga Parbat
- Senza ossigeno, con l’entusiasmo della vita
- Mattia Conte, un allenamento alla Rocky Balboa
- Mattia Conte, il mio menù d’alta quota
Mattia sostiene Eu-Brain
Mattia invita le realtà grandi e piccole che lo stanno sostenendo e quelle che vorranno far salire il proprio vessillo con lui sul tetto del mondo a fare una donazione all’Associazione no-profit Eu-Brain, del dott. Luca Ramenghi, Responsabile U.O.C. Patologia Neonatale dell’Istituto Gaslini di Genova, per la promozione e la ricerca sulle problematiche della neurologia perinatale e dei gravi problemi di ipossia pre e durante il parto.
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