La perdurante e anomala siccità provocata anche dai cambianti climatici mette a rischio la sopravvivenza delle api e il settore dell’apicoltura.
Le api allo stato selvatico, inoltre, trovano ancora maggiori difficoltà a sopravvivere. La carenza di acqua ha limitato lo sviluppo di molte piante dai cui fiori traggono nettare e polline per nutrirsi. Il troppo caldo, poi, le indebolisce e le rende più vulnerabili alle infezioni da agenti patogeni e parassiti. Tutto ciò ha notevoli ripercussioni negative sull’intero processo di impollinazione e sull’equilibrio degli ecosistemi.
In questo scenario, sono ancora oggi quanto mai attuali le parole di allarme che avevano lanciato in un’intervista congiunta a rivistanatura.com nel 2019 il presidente del Consorzio Nazionale Apicoltori (CONAPI), Diego Pagani, e Nicoletta Maffini, direttore commerciale e marketing di CONAPI-Mielizia.
Quali sono i fattori che danneggiano la stagione apistica?
«I cambiamenti del clima di anno in anno condizionano i raccolti e, in molti casi, la sopravvivenza stessa delle api. In pratica, gli inverni si fanno sempre più miti e la primavera anticipa sempre di più la ripresa delle fioriture, andando a mutare e condizionare le dinamiche della popolazione degli alveari. In particolare, stiamo assistendo a un innalzamento delle temperature invernali che impediscono la cessazione della deposizione da parte delle api regine; questa continua attività ha delle ripercussioni negative sulle famiglie, perché riduce l’aspettativa di vita delle api in inverno. In più, aumenta i consumi di scorte di cibo, che non sono più sufficienti per superare la cattiva stagione. In molti casi questa può essere superata solamente grazie alle integrazioni fornite dagli apicoltori».
In estate non si assiste a un recupero delle perdite?
«Non sempre, perché le stagioni estive, per contro, sono sempre di più condizionate da alte temperature e periodi di prolungata siccità, che rendono aridi i pascoli per le api. Gradualmente, nel corso degli ultimi anni, gli apicoltori sono dovuti ricorrere alla transumanza in Appennino o nelle Alpi per cercare ambienti favorevoli allo sviluppo delle colonie, oltre che per la produzione dei mieli».
C’è anche il problema delle sostanze chimiche nell’ambiente…
«Gli agrofarmaci hanno ancora un impatto molto importante sulle condizioni di salute delle colonie e diventa sempre più difficoltoso ricercare aree incontaminate in cui gli alveari possano insediarsi senza rischi di avvelenamenti».
Si può definire una strategia con la quale affrontare questo momento così critico?
«La salvaguardia delle api passa per una presa di coscienza collettiva, che preveda un cambio di direzione delle politiche agricole a favore di un modello meno basato sulle monocolture in successione e sull’utilizzo massiccio di fitofarmaci di sintesi (come i pesticidi neonicotinoidi). Dalle api e dagli insetti impollinatori dipende almeno la metà dei prodotti vegetali che mangiamo. Senza contare l’impollinazione di più di 300mila specie botaniche nel mondo, che rappresentano la biodiversità del pianeta e che a loro volta sono cibo ed habitat per altri animali. Abbiamo il dovere di prenderci cura della salute di questi insetti così importanti».
(continua…)
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